La scienza espressa
di Marco Fulvio Barozzi

“La frode, per sua natura, genera la frode”

Del grande storico Marc Bloch (1886-1944) fu pubblicato postumo nel 1949 nei Cahier des Annales un breve e celebre saggio sul significato e l’utilità della storia e sul mestiere dello storico, intitolato Apologia della storia o il Mestiere di storico (ed. Italiana a cura di Giuseppe Gouthier, Einaudi, Torino, 1998). Trattando della menzogna e dell’errore, nel secondo paragrafo del terzo capitolo, troviamo questa incredibile storia riferita a uno dei matematici francesi più celebri dell’Ottocento. 

“Nel mese di luglio 1857, il matematico Michel Chasles trasmise all’Accademia delle scienze un intero mazzo di lettere inedite di Pascal, che gli aveva vendute il suo fornitore abituale, l’illustre falsario Vrain-Lucas. Se ne ricavava che l’autore delle Provinciales aveva formulato, prima di Newton, il principio dell’attrazione universale. Un dotto inglese se ne stupì. Come spiegare, diceva in sostanza, che questi testi si basino su misure astronomiche effettuate parecchi anni dopo la morte di Pascal e di cui lo stesso Newton non ebbe conoscenza se non dopo che erano state pubblicate le prime edizioni della sua opera? Vrain-Lucas non era uomo da bloccarsi per così poco. [Si rimise al suo tavolo da lavoro e] Chasles, ben presto rifornito dalle sue cure, potè produrre dei nuovi autografi. Come firma, questa volta, avevano Galileo; come destinatario, Pascal. Così l’enigma era chiarito: l’illustre astronomo aveva fornito le osservazioni, Pascal, i calcoli. Il tutto, di qua e di là, in piena segretezza. È vero: Pascal, alla morte di Galileo, non aveva che diciott’anni. Suvvia! Non era che una ragione in più per ammirare la precocità del suo genio.”

“Ecco qui, tuttavia, sottolineò l’instancabile obiettore, un’altra stranezza: in una di queste lettere, datate 1641, si vede Galileo lagnarsi di non scrivere se non al prezzo di molta fatica per i suoi occhi. Ora, non sappiamo forse che, sin dalla fine del[l’anno] 1637, egli era, in realtà, completamente cieco? Scusate, replicò di lì a poco il buon Chasles, tutti, lo ammetto, hanno creduto [finora] a questa cecità. Del tutto a torto. Poiché io, saltato fuori al momento giusto per confutare l’errore corrente, posso ora produrre un documento decisivo. Un altro dotto italiano ne informava Pascal, il 2 dicembre 1641: a questa data Galileo, la cui vista stava senza dubbio declinando da parecchi anni, l’aveva appena persa del tutto.”

“Certo, non tutti gli impostori hanno dato prova di tanta fecondità quanto Vrain-Lucas, né tutti gli ingannati del candore della sua povera vittima. Ma che l’insulto al vero sia un ingranaggio, che ogni menzogna se ne porti dietro per forza, al suo seguito, molte altre, chiamate, almeno in apparenza, a fornirsi un appoggio a vicenda, l’esperienza della vita lo insegna e quella della storia lo conferma. Ecco perché tanti celebri falsi si presentano a catena. Falsi privilegi della sede di Canterbury, falsi privilegi del ducato d’Austria [– sottoscritti da tanti grandi sovrani, da Giulio Cesare fino a Federico Barbarossa –], falsi, ramificati, dell’affare Dreyfus [: si potrebbero pensare (e qui non ho voluto citare che alcuni esempi) di trovarsi davanti a una proliferazione di colonie di microbi]. La frode, per sua natura, genera la frode.”

Ho voluto trascrivere la pagina per due motivi. Il primo è che ritengo, in questi tempi di post-verità e fake news, la riflessione di Bloch molto attuale: le menzogne si appoggiano ad altre menzogne, come è evidente in molti casi, amplificati dal potere di Internet, riguardo ad atteggiamenti complottisti o assurdamente antiscientifici, per non parlare delle menzogne dei politici e non solo in Italia. Il secondo motivo è che nessuno di noi è esente, chi più chi meno, dal pericolo di cadere vittima delle cosiddette bufale, che Bloch paragona giustamente alla diffusione di un’epidemia.

In questa vicenda, che presenta aspetti a loro modo ridicoli, la vittima è addirittura uno dei più insigni matematici della sua epoca. Michel Chasles, ormai ultrasettantenne, era stato uno dei più importanti geometri proiettivi nei due decenni centrali del secolo, autore di numerosi teoremi, docente in prestigiosi istituti, membro di numerose accademie, insignito della Legion d’onore, nel 1865 Medaglia Copley della Royal Society. Importanti furono anche i suoi contributi alla fisica, in particolare alla meccanica razionale. Questo luminare delle scienze aveva anche una grande passione per la storia: collezionava antichi documenti, autografi di importanti personalità del passato, antichi manoscritti. La bibliofilia di Chasles è documentata da più fonti. Le frequenti visite di Chasles ai librai portarono alla sua importante scoperta nel 1845 di una copia del trattato di Desargues sulle coniche, manoscritto da De La Hire. Inoltre, l’attività archivistica di Chasles non si limitava ai confini di Parigi e nemmeno di Chartres, la sua città natale. Una lettera che scrisse nel 1852 a James Joseph Sylvester indica che si era recato anche a Oxford e in Svizzera per accedere e confrontare i manoscritti medievali relativi all’abaco. Fu proprio questa grande passione a decretare la rovina della sua reputazione e a far ridere mezza Europa negli ultimi mesi del Secondo Impero. E l’incontro con un grande artista della truffa. 

Ma come andarono veramente le cose? Credo sia utile seguire i dettagli, perché la tragicommedia di Chasles può fornirci utili insegnamenti su come funziona il metodo scientifico, che in quel caso fu anche applicato in modo interdisciplinare. Per comprendere interamente la vicenda è utile sin da ora ricordare che Blaise Pascal era nato nel 1623 ed è morto nel 1662.

Marco Fulvio Barozzi

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