Un giorno del 1861 Chasles ricevette nel suo studio un povero cristo che gli aveva chiesto un breve colloquio: era un ometto sui quarantacinque anni, con modi educati, deferenti. L’uomo raccontò a Chasles della sua vita: figlio di un operaio di un borgo presso Chateaudun, aveva imparato a leggere e scrivere nella scuola del suo villaggio. Costretto a guadagnarsi il pane, aveva lavorato come fattorino presso un agente immobiliare; grazie al suo impegno era poi riuscito a trovare impiego come copista e conservatore delle ipoteche presso la cancelleria del tribunale. Da tre anni era a Parigi, e viveva grazie a un lavoretto ottenuto per raccomandazione nell’ufficio di uno di quei genealogisti che, per persone desiderose di nobili origini, fabbricano diplomi con stemmi araldici e carte vecchie di secoli. Una persona avveduta avrebbe dovuto accorgersi che il visitatore gli stava dicendo apertamente di essere un falsario, ma Chasles lo lasciò continuare.
L’uomo disse di chiamarsi Denis Vrain Lucas e spiegò, con grandi scuse, il motivo del suo approccio: egli aveva appena comprato una considerevole quantità di vecchie carte di una famiglia antica e nobile, i Boisjourdain. Questi preziosi documenti, imbarcati per l’America al tempo della rivoluzione, erano rimasti a lungo a Baltimora. Un discendente dei Boisjourdain che desiderava tornare al possesso di questi tesori aveva attraversato l’Atlantico per portarli in Francia, ma la nave aveva fatto naufragio e la maggior parte dei documenti, immersi nell’acqua di mare, erano ormai quasi illeggibili. L’attuale proprietario li aveva ceduti a Vrain Lucas per una somma molto conveniente e desiderava che non venisse fatto il suo nome. Egli aveva chiesto udienza all’uomo più competente in materia proprio per sapere che cosa avrebbe potuto guadagnare da questi documenti. Come campioni aveva portato delle lettere che tirò fuori dalla tasca. Si trattava di fogli accartocciati, macchiati, rosicchiati sui bordi a causa della permanenza nell’acqua. Li mise sulla scrivania del matematico, in attesa del suo verdetto.
Inforcati gli occhiali, Chasles esaminò con cura i documenti e non riusciva a credere ai suoi occhi: lettere dal grande Pascal! Lettere indirizzate a Robert Boyle che stabilivano che all’autore dei Pensieri andava l’onore attribuito erroneamente a Newton! In una delle missive, datata 1648, c’era esposto il sistema delle leggi di gravitazione che Newton avrebbe scoperto solo vent’anni dopo!
Sommessamente, Vrain Lucas, colto l’entusiasmo dello scienziato, gli disse che poteva fornirgli molti documenti come quelli, perché il fondo Boisjourdain era tanto grande da riempire tre vetture da trasloco.
Il naturale scetticismo di ognuno di noi verso una scoperta sensazionale offerta da uno sconosciuto era completamente assente in Chasles, che invece rispose che avrebbe rilevato l’intero fondo.
Vrain Lucas, tessendo la sua tela, gli disse che un tale grosso acquisto sarebbe stato imprudente e avrebbe potuto svegliare la cupidigia dei collezionisti rivali. Gli offrì di fargli avere i documenti in piccoli lotti, a caso, perché egli non era in grado di valutarne l’importanza. Il signor Chasles avrebbe giudicato e scelto volta per volta.
Quasi ogni giorno, d’allora in poi, l’umile copista andava dall’accademico, presentando il risultato della sua selezione notturna. Chasles era allibito e ormai privo di difese: autografi di Cassini, Galileo, Huygens, Leibniz, de l’Hôpital, Bernoulli, stipati in robusti cartoni, meraviglie insospettate sui temi più vari. Calcolo differenziale, analisi degli infinitesimi, studio delle sezioni coniche, teoria del moto concreto: l’intera storia della scienza andava riscritta. Alla fine Chasles avrebbe comprato 27 mila documenti, per la non indifferente cifra di 140 mila franchi.
La primogenitura di Pascal su Newton
Nella seduta del 15 luglio 1867, Chasles, che in precedenza aveva fatto trapelare qualche detto e non detto, presentò con orgoglio due lettere di Pascal a Boyle, che furono acquisite e inserite nel resoconto della riunione.
La lettera, datata due settembre (del 1652 secondo Chasles) parlava chiaro: Pascal faceva un esplicito riferimento alla legge del reciproco del quadrato della distanza: “Nei movimenti celesti, la forza che agisce in ragione diretta delle masse e in ragione inversa del quadrato delle distanze basta a tutto e fornisce le ragioni per spiegare tutte quelle grandi rivoluzioni che animano l’universo. Niente è così bello secondo me; ma quando si tratta dei fenomeni sublunari, di quegli effetti che vediamo più da vicino e il cui esame ci è più facile, la virtù attrattiva è un Proteo che cambia spesso la forma. Le rocce e le montagne non danno alcun segno sensibile di attrazione. È che, diciamo, queste piccole attrazioni particolari sono come assorbite da quelle del globo terrestre, che è infinitamente più grande; pertanto si dà come un effetto della virtù attrattiva la crema che galleggia su una tazza di caffè, e che si porta con una precipitazione molto sensibile verso i bordi della tazza. È la vostra opinione? (…)”. Newton anticipato pienamente, con una tazza di caffè al posto della mela!
Nella seduta del 15 luglio emersero le prime contestazioni. Secondo il matematico e fisico Jean-Marie Duhamel [box], presidente dell’Accademia dal 1862, la legge esposta da Pascal nella sua lettera non poteva basarsi su dati precisi, soprattutto perché la misura del diametro terrestre ai suoi tempi era sottostimata. Era stato proprio questo errore a rallentare per anni il lavoro di Newton, che poté riprendere solo dopo la misurazione precisa di Picard. Se Pascal aveva intuito la legge di gravitazione l’avrebbe fatto solo per fortunato intuito. Hervé Faye (1814–1902), astronomo e geodeta, prese la parola per dire di credere all’autenticità delle lettere presentate, anche se non comprendeva come potesse Pascal fare calcoli precisi senza gli strumenti matematici che solo Newton possedeva.
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11Jean-Marie Duhamel (1790-1872) fu un matematico e fisico. Professore alla École polytechnique e alla Facoltà di scienze di Parigi, membro dell’Accademia delle Scienze dal 1840, fu autore di opere sulle equazioni alle derivate parziali, sull’acustica e la propagazione del calore nei solidi cristallini.
Il chimico Michel-Eugène Chevreul, che fungeva da segretario della riunione, ringraziando Chasles per i documenti presentati, osservava che forse in Inghilterra si potevano trovare le risposte scritte da Boyle, che avrebbero potuto far luce sui punti controversi. Chasles, trionfante, calava allora un altro asso: altre note sparse di Pascal, non datate, in cui il filosofo e scienziato francese paragonava l’attrazione tra i corpi a quella tra gli amanti, forza viva, mentre la repulsione, forza morta, è dovuta solamente alla presenza del movimento. Pascal inoltre faceva calcoli sulla forza d’attrazione tra i pianeti molto simili a quelli contenuti nei Principia di Newton!
Michel Eugène Chevreul (1786 – 1889) è stato un chimico che ha lungamente condotto studi sui coloranti tessili, sulla teoria dei colori, sugli acidi grassi e sulle loro applicazioni nell’arte e nella scienza. È riconosciuto come l’inventore delle margarine ed è considerato anche uno dei pionieri della gerontologia, che ebbe modo di studiare su se stesso, visto che morì alla veneranda età di 103 anni.
Marco Fulvio Barozzi