Ogni studente di fisica incontra più volte il nome di Boltzmann: in meccanica statistica c’è la costante di B, la legge di Stefan-B, la distribuzione di Maxwell-B, l’equazione di B e così via. Ludwig Boltzmann (LB) ha avuto un ruolo unico nello sviluppo della meccanica statistica e nell’affermazione dell’ipotesi atomistica; per apprezzare appieno la sua importanza è opportuno un breve richiamo alla storia della meccanica statistica che si intreccia con l’atomismo. L’idea di fondo, che inizia nel V secolo avanti Cristo con Leucippo e Democrito, è che il mondo sensibile sia composto da elementi molto piccoli (gli atomi) che racchiudono la vera essenza dei fenomeni. Nell’antichità l’atomismo venne avversato dalle due grandi scuole filosofiche (la platonica e l’aristotelica), comunque ebbe seguaci come Epicuro e Lucrezio con il suo grande poema De Rerum Natura. Nel medioevo l’atomismo divenne sinonimo di ateismo e fu duramente contrastato dalla chiesa cattolica (principalmente per problemi con il dogma della transustanziazione nell’eucarestia).
Per noi che abbiamo sentito parlare di atomi sin dalle scuole elementari la loro esistenza è cosa ormai scontata e forse non tutti sono completamente coscienti della loro importanza concettuale. Può sembrare strano ma ancora alla fine del XIX secolo importanti scienziati dubitavano dell’esistenza degli atomi, anche Max Planck che poi divenne il padre della meccanica quantistica. Il primo tentativo moderno di riprendere l’idea atomistica lo si deve a Daniel Bernoulli che nel 1712 propose la teoria che descrive la materia come un insieme di tante particelle microscopiche (gli atomi) in movimento. Bernoulli riuscì a calcolare la pressione atmosferica assumendo l’aria costituita da un insieme di particelle e la pressione determinata dagli urti di queste particelle con le pareti. Era nata la meccanica statistica come programma per determinare le proprietà macroscopiche a partire dalla dinamica microscopica. Solo verso la prima metà dell’ottocento si ebbe il primo sviluppo rilevante con R. Clausius che riuscì ad imbastire una prima spiegazione del comportamento termodinamico dei gas in termini di particelle che si muovono a grande velocità urtando tra loro e con le pareti del recipiente che le contiene. Nel frattempo la termodinamica era andata avanti, si era sviluppata come scienza fenomenologica stabilendo le sue leggi fondamentali: primo principio (l’energia si conserva); secondo principio (l’entropia aumenta). Nel rapporto tra atomismo e termodinamica ci sono difficoltà sia tecniche che concettuali. Da una parte c’è una vecchia obiezione (che permarrà fino all’inizio del novecento): gli atomi nessuno li ha mai visti, se esistono sono troppo piccoli, magari congetturare la loro esistenza è utile per facilitare i calcoli, ma solo come ipotesi di comodo e non come vera realtà fisica. Inoltre la termodinamica sembra in qualche modo in contrasto con la meccanica (che regola il movimento degli atomi). Come conciliare i comportamenti irreversibili del mondo termodinamico con quelli reversibili della dinamica degli atomi?
La straordinaria costruzione della meccanica statistica vide impegnati tre giganti della fisica: James Clerk Maxwell, Ludwig Boltzmann e Josiah Gibbs. Prima di parlare di LB ricordiamo brevemente il contributo di James Clerk Maxwell (1831 – 1879) che fu praticamente il primo ad utilizzare il calcolo delle probabilità in fisica mostrando che il numero di particelle \( \Delta N (v) \) che hanno il modulo della velocità \( v=\sqrt{v_x^2 + v_y^2 + v_z^2} \) compresa tra \( v \) e \( v + \Delta v \), con \( \Delta v \) abbastanza piccolo, è
\[ \Delta N (v) = B v^2 e^{-v^2/\alpha} \Delta v \]
In termini moderni \( \alpha =2kT/m \) ove \( T,\, m \) e \( k \) sono rispettivamente la temperatura, la massa della particella e la costante di Boltzmann, questa è la celebre legge della distribuzione maxwelliana delle velocità, a volte chiamata anche distribuzione di Maxwell-Boltzmann. Abbiamo quindi che la temperatura appare come un parametro della distribuzione di probabilità di \( v \), è importante il fatto che la validità della distribuzione maxwelliana può essere verificata sperimentalmente (cosa avvenuta un po’ di tempo dopo Maxwell) ed ha conseguenze non banali.
Maxwell fu in grado di ricavare teoricamente un risultato apparentemente paradossale: la viscosità di un gas, a temperatura fissata, è indipendente dalla sua densità. La verifica sperimentale di questo risultato, che sembrava in contrasto con l’intuizione, fu un vero trionfo dell’approccio probabilistico della cui validità Maxwell era convinto sin dalla giovinezza. Maxwell capì che l’uso di metodi statistici pone seri problemi con il secondo principio della termodinamica (e l’irreversibilità):
[…] la seconda legge della termodinamica è senza dubbio vera finché si può trattare i corpi solo nel loro insieme, senza aver modo di percepire e maneggiare le singole molecole di cui essi sono composti. Ma se noi concepiamo un essere le cui facoltà siano così acute da permettergli di seguire ogni molecola nel suo cammino, un tale essere, i cui attributi sono tuttavia essenzialmente finiti come i nostri, sarebbe capace di fare ciò che a noi è attualmente impossibile […]
Dovendo trattare di corpi materiali nel loro insieme, senza percepire le singole molecole, siamo costretti ad adottare quello che ho descritto come il metodo statistico, ed abbandonare il metodo puramente dinamico, nel quale seguiamo con il calcolo ogni movimento.
Maxwell aveva gettato le basi per la spiegazione della termodinamica a partire dal livello microscopico, ma aveva anche sollevato nuovi sottili problemi. Il principale erede nell’impresa di costruire una teoria statistica della termodinamica fu Boltzmann.
Ludwig Boltzmann (1844 – 1906) nacque a Vienna il 20 febbraio del 1844 nella notte tra martedì grasso e mercoledì delle ceneri; un fatto che lui scherzando riteneva all’origine della sua alternanza tra stati di entusiasmo e periodi di depressione che lo portarono infine al suicidio a Duino (vicino Trieste). Su Boltzmann circola una leggenda infondata: la sua depressione sarebbe nata dal mancato riconoscimento accademico e la negativa accoglienza delle sue teorie. È vero che le sue idee vennero da alcuni (primo fra tutti Mach) aspramente contrastate. Falso che non fossero riconosciute come importanti: Boltzmann ottenne lauree e dottorati ad honorem, inviti a conferenze, offerte di cattedre dalle più prestigiose università tedesche (all’epoca le più importanti del mondo). Ludwig Boltzmann era un animo inquieto, uno scienziato generoso alla ricerca di una tranquillità che non riusciva a trovare. Cambiò più volte università: nel 1869 a Graz, nel 1873 a Vienna, nel 1876 ancora a Graz, nel 1887 accettò una cattedra a Berlino (ma poi cambiò idea e non prese mai servizio), nel 1890 è professore a Monaco, nel 1894 torna a Vienna, nel 1900 è a Lipsia, nel 1902 ancora a Vienna: fu un ritorno trionfale, addirittura titolare di due cattedre (una di fisica teorica l’altra di filosofia della scienza). Questa volta l’imperatore Francesco Giuseppe decisamente irritato pretese una lettera con un impegno formale a non emigrare nuovamente. Si potrebbe pensare che Boltzmann fosse un opportunista a caccia di posizioni prestigiose e ben pagate, ma ci sono evidenze che fosse molto a disagio nel mondo accademico, poco dotato nell’arte dell’intrigo e sicuramente non particolarmente desideroso di onori, ad esempio rifiutò il titolo nobiliare offertogli dall’imperatore dicendo che il nostro nome borghese è andato bene per i miei antenati e andrà bene per i miei figli e nipoti.
Boltzmann era in contatto epistolare con i principali fisici del suo tempo (come Helmholtz, Lorentz, Planck e Ostwald) e visitò più volte gli Stati Uniti. Del suo viaggio in California nel 1905 ha lasciato un esilarante resoconto Viaggio di un professore tedesco nell’ Eldorado. Una parte rilevante del libretto è dedicata al cibo ed alle bevande. Ebbe qualche problema con la cucina californiana: in una cena ufficiale venne servita una pietanza che giudicò più adatta all’alimentazione delle oche, anzi un’oca viennese non si sarebbe degnata di mangiarla. Boltzmann ammirava molto lo stile di vita americano, ben più libero e democratico di quello dell’impero asburgico, però non sopportava il puritanesimo il vino viene nascosto, come fa uno studente col suo sigaro. Questo è quello che chiamano libertà. Notò con grande disappunto che a chi chiedeva indicazioni per un negozio di vino venivano riservate espressioni di grande disapprovazione, come se avesse chiesto informazioni su “quelle certe signorine”.
Il pensiero dominante dell’attività di Boltzmann fu la conciliazione tra la meccanica da una parte e la termodinamica dall’altra. Era necessario trovare un ponte, tecnico e concettuale, tra questi due mondi. Il percorso fu lungo e tortuoso, possiamo riassumere la grande visione di Boltzmann nei due punti seguenti:
I) introduzione di idee probabilistiche e loro interpretazione in termini fisici;
II) una relazione che fornisca un legame tra il mondo macroscopico (termodinamica) e quello microscopico (dinamica).
Il punto I) è estremamente delicato ed ancora oggi è oggetto di studio, l’idea è la seguente. Abbiamo un sistema microscopico composto da \( N \) particelle, da un punto di vista meccanico lo stato fisico del sistema è il vettore \( X \) le cui componenti sono le posizioni e le velocità di tutte le particelle, quando uno strumento effettua una misura (ad esempio della pressione) di fatto compie una media temporale di una funzione di \( X \). Se per semplicità pensiamo di discretizzare il tempo in intervalli \( \Delta t \), lo strumento misura
\[ \frac{1}{M} \sum^M_{j=1} A (X_j), \]
ove \( X_j = X(j \Delta t) \) ed il tempo di misura è \( \mathcal T =M \Delta t \). Per calcolare la media bisognerebbe conoscere la condizione iniziale \( X_0 \) ed inoltre essere in grado di trovare l’evoluzione \( X_j \) con \( j=1,2,…,M\). Ambedue le cose sono chiaramente fuori dalla portata umana. L’idea di Boltzmann fu di sostituire la media temporale con una media da calcolare con un’opportuna densità di probabilità. È possibile tutto ciò? Non è affatto ovvio, questa congettura è chiamata ipotesi ergodica. Anche se, almeno da un punto di vista matematico, tale ipotesi può non essere del tutto corretta, è alla base di un potente metodo numerico (la dinamica molecolare) utilizzato per la determinazione delle proprietà statistiche di sistemi macroscopici, ovviamente questo metodo, che usa i computer, non era disponibile ai tempi di LB.
Veniamo al punto II): la relazione che fornisce il ponte tra la termodinamica ed il mondo microscopico è incisa sulla tomba di Boltzmann:
\[ S=k \ln W, \]
ove \( S \) è l’entropia (una quantità termodinamica) del corpo macroscopico e \( W \) è il numero di stati microscopici (quindi una quantità di tipo meccanico) che hanno lo stesso stato macroscopico. La legge precedente è uno dei grandi trionfi della scienza di tutti i tempi (al livello di \( F=ma \) e \( E=mc^2 \)) e racchiude in nuce gran parte della meccanica statistica.
Senza ombra di dubbio uno dei capolavori di LB è la sua equazione per l’evoluzione della densità di probabilità delle velocità delle molecole in un gas rarefatto. L’importanza di questa equazione è sia concettuale, per il secondo principio della termodinamica, sia pratica: oggi è usata in importanti applicazioni tecnologiche ad esempio nei circuiti a semiconduttori e la progettazioni delle navicelle spaziali.
L’approccio di Boltzmann è di tipo probabilistico, questo comporta che non c’è la completa certezza del secondo principio della termodinamica, che perde (almeno a livello concettuale) il suo status di legge assoluta, per diventare un fatto probabilistico. Dopo un lungo percorso costellato da controversie e discussioni, alcune animate da intenti costruttivi (come quella con l’amico Loschmidt), altre ferocemente critiche (quelle con Zermelo, Ostwald e Mach), Boltzmann riesce ad intuire (dando anche qualche argomento) che la reversibilità meccanica non è affatto in contrasto con l’irreversibilità termodinamica. In particolare mostrò che per i corpi macroscopici il teorema di ricorrenza di Poincaré (che dimostra che in un qualunque sistema meccanico la cui evoluzione avviene in una regione limitata, dopo un certo tempo si ritorna arbitrariamente vicino alla condizione iniziale) non ha alcuna rilevanza reale a causa dell’enorme tempo necessario per avere la ricorrenza. Tanto per dare un’idea: per osservare un comportamento vietato dalla termodinamica, ad esempio una fluttuazione dell’ordine del 10% della densità in un centimetro cubo di aria, è necessario attendere qualcosa come \( 10^{{10}^{19}} \) anni, un intervallo temporale spaventosamente grande (l’età dell’universo è “solo” \( 1,4 \times 10^{10} \) anni).
Boltzmann capì che nella conciliazione tra meccanica e termodinamica un ruolo importante è giocato delle condizioni iniziali (cioè posizioni e velocità delle particelle del gas): quelle che portano ad un comportamento irreversibile sono molto più numerose di quelle dalle quali si ha un comportamento reversibile. In questo modo il secondo principio è un risultato probabilistico, che per i corpi macroscopici (a causa dell’enorme numero di particelle che contengono) è praticamente certo.
Boltzmann ebbe anche ampi interessi filosofici, alcuni aspetti del suo pensiero sono estremamente interessanti, ad esempio anticipò l’idea di Kuhn sulle rivoluzioni scientifiche ed i paradigmi:
L’uomo della strada può immaginare che nuove nozioni e cause di fenomeni siano aggiunte gradualmente a quelle fondamentali già esistenti… Questa opinione però è errata, e lo sviluppo della fisica teorica è stato sempre per salti.
A volte è stato frainteso, ad esempio Popper, che pur apprezzava Boltzmann, lo accusa di aver costruito teorie non falsificabili tacciandolo di idealismo. La critica è relativa al calcolo di Boltzmann sul tempo di ritorno \( T_R \sim C^N \tau_0 \) ove \( C>1 \) e \( \tau_0 \) è un tempo caratteristico. In un corpo macroscopico in cui \( N \sim 10^{20} \) si ottengono tempi molto più lunghi dell’età dell’universo, quindi secondo Popper, saremmo di fronte ad una previsione di fatto non falsificabile. L’accusa è ingiusta ed errata: considerando sistemi piccoli con \( N \) dell’ordine di qualche decina si può studiare il problema al computer (ed è stato effettivamente fatto) trovando un perfetto accordo con le previsioni.
Purtroppo su Boltzmann esistono ricostruzioni storiche imprecise, alcune assolutamente fuorvianti e perfino calunniose. Prigogine e Stenger hanno ripetutamente cercato di riscrivere la storia della meccanica statistica sostenendo che le idee di Boltzmann erano incoerenti se non errate. Niente di più falso: le intuizioni di Boltzmann sono state puntualmente e sistematicamente confermate da una serie di dettagliati lavori di fisica matematica, tra i protagonisti della formalizzazione rigorosa dell’approccio di Boltzmann ricordiamo H. Grad, M. Kac, C. Cercignani e O. Lanford.
Concludiamo con una breve discussione del moto browniano la cui comprensione può essere vista come il trionfo delle idee di LB. Nel 1827 il botanico scozzese Robert Brown (1773 – 1858) osservò al microscopio uno strano fenomeno: piccoli granuli (di sostanze sia organiche che inorganiche) immersi nell’acqua effettuano un movimento erratico che non mostra nessuna tendenza a smorzarsi. Era stato scoperto il moto browniano: il curioso fenomeno suscitò qualche interesse, ad esempio M. Faraday (il fisico sperimentale più autorevole dell’epoca) ripetè l’esperimento confermando il risultato, ma non venne studiato in modo sistematico.
Il 1905 fu l’annus mirabilis di Albert Einstein: uno dei suoi articoli rivoluzionari trattava proprio il moto browniano. Einstein non era interessato al fenomeno in sé, il suo scopo era mostrare che in accordo con la teoria molecolare del calore, corpi di dimensioni visibili al microscopio sospesi in un liquido sono dotati di movimenti di tale ampiezza da poter essere facilmente osservati. È possibile che il fenomeno che discuto sia simile al così detto moto browniano. In altre parole voleva trovare un’evidenza sperimentale conclusiva dell’esistenza degli atomi, sicuramente LB avrebbe apprezzato. Einstein mostrò che ogni componente spaziale \( (x,y,z) \) della posizione del granello è una variabile gaussiana, ed inoltre per tempi lunghi si ha
\[ \langle x^2(t) \rangle \simeq 2 D t, \; D=\frac{T \mathcal R}{6 \pi \eta a N_A} \]
ove \( D \) é il coefficiente di diffusione, \( \langle \, \rangle \) indica la media, ad esempio su tanti grani, \( \mathcal R, \, \eta, \, T, \, a \) ed \( N_A \) sono rispettivamente la costante dei gas, la viscosità del fluido, la sua temperatura, il raggio della particella colloidale (il grano di polline nell’esperimento di Brown) ed il numero di Avogadro. La relazione tra il coefficiente di diffusione \( D \) e le quantità macroscopiche (accessibili sperimentalmente) \( T, \, \mathcal R, \, \eta \) ed \( a \) è detta relazione di Einstein-Smoluchowski, e permette di determinare il numero di Avogadro \( N_A \) dal valore di \( D \). L’eroe della parte sperimentale fu Jean Perrin (1870-1942): dopo una serie di raffinati esperimenti la relazione di Einstein-Smoluchowski fu confermata e nel 1926 gli venne conferito il premio Nobel. Finalmente la lunga diatriba sulla reale esistenza degli atomi, che alla fine dell’ottocento aveva visto contrapposti Boltzmann e Mach, poteva considerarsi definitivamente conclusa: anche se gli atomi non si vedono si possono contare!
Angelo Vulpiani
Dipartimento di Fisica, Università, Sapienza di Roma
Qualche lettura per approfondire
- L. Boltzmann, Modelli matematici, fisica e filosofia (Bollati Boringhieri, 1999).
- C. Cercignani Boltzmann, un genio nell’Austria felix (Collana “I grandi della Scienza” n. 33, maggio 2003, Le Scienze).
- M. Falcioni e A. Vulpiani, “Ludwig Boltzmann: un tributo per i suoi 170 anni” Lettera Matematica 91, 16 (2014).
- M. Falcioni e A. Vulpiani, Meccanica statistica elementare (Springer, 2015)
- M. Haw, Nel mondo di mezzo. Il moto browniano tra materia e vita (Zanichelli, 2008).
- D. Lindley, L’atomo di Boltzmann (Bollati Boringhieri, 2002).
- J. Perrin, Gi Atomi (Editori Riuniti, 2014).