La scienza espressa

La natura dell’evoluzione

di Marco Ferrari22 Aprile 2024 biologia, evoluzione, la scienza espressa

Un libro uscito nel 1859 se la batte con Principia mathematica di Newton (e forse Dialogo sopra i massimi sistemi, ma più per campanilismo che altro), nei sondaggi per il “più importante volume della storia della scienza”. Il tomo si intitola Origine delle specie per selezione naturale. Parla di piccioni, cirripedi, esplorazioni, fossili, idee e fringuelli che non lo sono. L’autore è Charles Robert Darwin, un naturalista inglese di un paio di secoli fa (nato nel 1809 e morto nel 1882): nel volume propone una sua ipotesi su come cambiano le specie animali e vegetali nel corso del tempo. Darwin non fu il primo ad avanzare una sua spiegazione a quello che al tempo si considerava, nelle parole dell’astronomo tedesco Herschel: “il mistero dei misteri, la sostituzione delle specie estinte con altre”. Cioè la nascita di nuove forme di vita. Il sentire comune allora era un più o meno declinato creazionismo; ogni forma di vita nasce per volontà di una divinità creatrice, un “fiat vita” semplice da accettare.

Altri prima di Darwin, in particolare lo studioso francese Jean-Baptiste de Lamarck, avevano avanzato proposte alternative al creazionismo, ma il mondo scientifico non era del tutto convinto. Mancava una prova regina convincente, il meccanismo attraverso il quale la vita cambia nel tempo. Darwin, a detta del padre un pigrone sfaccendato, accettava il creazionismo tanto da appassionarsi a una vera Bibbia della materia (Natural Theology or Evidences of the Existence and Attributes of the Deity, di William Paley). Ma, persona curiosa e dalla mente apertissima, non perdeva occasione per assorbire nozioni di geologia, entomologia, ornitologia e altro che spiegasse come veramente andassero le cose nel mondo naturale. A fargli cambiare idea fu un viaggio attorno al mondo (1831-1836) come “dama di compagnia intellettuale” di Robert FitzRoy, il capitano del piccolo e scomodo brigantino Beagle. Tappe importanti e storiche, come quelle in Sud America continentale e sulle isole Galapagos, lo convinsero che tutte quelle specie, quei fossili, quei fenomeni naturali (nel 1835 fu testimone anche di un devastante terremoto in Cile) non potessero essere spiegate solo da continui atti di creazione.

Nei numerosi taccuini che scrisse per tutto il viaggio ‒ era anche grafomane ‒ e dopo il suo ritorno in Inghilterra, si nota la nascita di una costruzione scientifica da fatti sparsi, intuizioni, ipotesi precedenti, osservazioni illuminanti. Un vero mosaico scientifico che alla fine si incastra alla perfezione nella creazione della teoria finale. Che vide la sua nascita compiuta solo nel 1859, decenni dopo il ritorno in patria. Detto che questo lungo periodo di ripensamento avrebbe necessità di più spazio per essere spiegato, il risultato di questi processi mentali fu il libro di cui sopra. Definito da Darwin stesso “un lungo ragionamento”, il volume delinea una teoria che, fatte salve le successive modificazioni e integrazioni, spiega con completezza un meccanismo (si potrebbe definire di un algoritmo naturale) che è in grado di modificare corpi e strutture, comportamenti e stili di vita dei viventi. Darwin definì tutto ciò “selezione naturale”, una definizione che è calco della selezione artificiale in gran spolvero nell’Inghilterra dell’Ottocento per la produzione di nuove razze animali e cultivar vegetali.

Nel pensiero di Darwin, la spiegazione della selezione naturale sta nella frase “descent with modification”. Cioè, discendenza con modificazione. Questo approccio apparentemente semplice introduce alcune variabili alla visione filosofica della vita. Prima di tutto la storia, il tempo, lo scorrere delle generazioni e degli eoni, esemplificato dalla “discendenza”. Poi la variabilità, la differenza tra i singoli individui, non più vista come semplice accidente e deviazione a volte patologica da una forma ideale della specie. La filosofia naturale, come si chiamava a quel tempo lo studio della natura, pensava ancora (con reminiscenze aristoteliche e oltre) a ogni singolo individuo come pallida replica di una specie di monade biologica esistente soltanto nel mondo delle idee, e di cui tutti i singoli individui viventi sono solo imperfette repliche. Questa idea di ogni singola specie tendeva a permanere nel tempo, nonostante le variazioni dei singoli individui, evidenti a tutti.

Darwin disse invece che le forme ideali non esistono, e la variabilità (cioè la “modification”) è alla base della storia della vita e del cambiamento delle specie. A ogni generazione infatti le minuscole differenze tra individui sono vagliate e ‒ appunto ‒ selezionate dall’ambiente circostante: poi vedremo con che risultati. Per “ambiente” si intendono sia le condizioni abiotiche (temperatura, umidità, salinità eccetera) sia biotiche (altre specie, prede e predatori, e altri individui della stessa specie). Ne risulta quella che, con una frase infelice, Darwin definì nel sottotitolo del suo libro “la lotta per la vita”, forse ponendo un’eccessiva enfasi sulla competizione tra individui. Anche negli scritti di Darwin si capisce infatti che non è sempre con le sopraffazioni e le uccisioni dirette che un individuo prevale sugli altri in un determinato ambiente, ma con un maggior successo riproduttivo. Il concetto con cui si giudica il successo evolutivo è così la fitness che, grossolanamente, potrebbe essere definita come la capacità di un organismo di trasmettere i geni alla generazione successiva in un dato ambiente e in determinate condizioni.

La conclusione di questa proposta è che col passare del tempo e i milioni e milioni di anni della storia della vita sulla Terra le piccole variazioni modificano più o meno lentamente tutte le forme di vita. Che possono dare così origine a una specie diversa dalla iniziale, in una lenta e costante trasformazione, oppure a più specie, se si verificano certe condizioni ambientali, come l’isolamento di popolazioni differenti in ambienti diversi. Una spiegazione perfettamente naturalistica di un fenomeno terreno, da cui in questo modo era eliminata l’aura di trascendenza presente fino ad allora.

Marco Ferrari

Giornalista, comunicatore scientifico

Per saperne di più

L’origine delle specie, di Charles Darwin R., varie edizioni dal 1859. (trad. ital. Zanichelli, 2019)

Darwin, di Adrian Desmond e James Moore, Bollati Boringhieri, 2012

L’evoluzionista riluttante, di David Quammen, Codice edizioni, 2006

Anatomia di una rivoluzione. La scoperta scientifica di Darwin. Nuova ediz, Telmo Pievani, Mimesis, 2020

L’idea pericolosa di Darwin. L’evoluzione e i significati della vita, di Daniel C. Dennett, Bollati Boringhieri, 2004

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