Innovare, facendo ricerca scientifica, significa trovare nuove soluzioni e portarle nelle mani, o all’attenzione, di persone che potrebbero utilizzarle per vari scopi, tutti funzionali a migliorare la propria qualità della vita. Che si tratti di salute, di fruizione degli spazi urbani, di tecnologie digitali per snellire procedure o di costruire nuovi edifici, lo scopo è sempre quello. Ma chi sono queste persone? Sono tutte uguali? Le conosciamo tutte? La medicina di genere, per esempio, ci ha insegnato con le evidenze raccolte negli ultimi anni che non è così. Donne e uomini non godono delle stesse attenzioni quando si tratta di diagnosi, cura e considerazione nella pratica medica. Ma possiamo spingerci ancora più in là ed esplorare ulteriori dimensioni e, soprattutto, comprendere meglio come le disuguaglianze influenzano la possibilità di godere di una (buona) salute.
L’intersezionalità, concetto introdotto dalla giurista Kimberlé Crenshaw oltre trent’anni fa, è divenuta una lente fondamentale per comprendere le dinamiche complesse delle disuguaglianze sociali. Questo approccio ci permette di analizzare come razza, classe, genere e altre caratteristiche individuali quali età, abilità e status culturale ed economico si intersecano tra loro, creando sovrapposizioni che possono amplificare le discriminazioni. Ad esempio, una donna appartenente a una minoranza etnica e con disabilità non può essere compresa adeguatamente se si considerano solo una di queste dimensioni per volta. Le disuguaglianze non sono fenomeni monodimensionali: emergono da una combinazione di fattori socio-culturali, ambientali e biologici, che includono genere, etnia, lingua, età, livello economico, stato di salute e istruzione, colore della pelle e contesto politico. Questi fattori interagiscono in modi complessi, modellando le opportunità di accesso ai diritti fondamentali e ai servizi essenziali.
Per promuovere un’innovazione che riduca le disuguaglianze, è necessario sviluppare politiche che favoriscano la diversità e l’inclusione a tutti i livelli. Questo include non solo la progettazione di soluzioni tecnologiche adeguate, ma anche la formazione di una forza lavoro diversificata e consapevole delle dinamiche intersezionali e una riflessione critica sui bias che possono influenzare la progettazione. E soprattutto passa anche dagli occhi di chi fa ricerca e innovazione: la diversità, che prima ancora che dal genere passa dai vissuti e dalle esperienze di vita, promuove visioni e considerazioni che offrono un prezioso contributo alle fasi di ideazione e progettazione. È anche per questo che sono sempre maggiori gli sforzi per garantire una maggiore partecipazione delle donne e di quelle che – purtroppo – sono considerate minoranze nel panorama tradizionale della governance scientifica. Sono le persone a fare ricerca, a dare una direzione e a porre interrogativi, il vero motore dell’avanzamento scientifico: persone diverse fanno domande diverse, e in questa diversità risiede tutta la ricchezza possibile.
L’intersezionalità offre un quadro innovativo per comprendere e affrontare le disuguaglianze in modo più efficace. Adottare questa prospettiva significa riconoscere la complessità delle esperienze umane e lavorare per creare soluzioni che siano realmente inclusive. In un mondo sempre più interconnesso, l’intersezionalità non è solo un’opzione, ma una necessità per promuovere uno sviluppo sostenibile e equo. Un esempio paradigmatico è fornito dal sistema sanitario. Le disuguaglianze in materia di salute spesso riflettono una distribuzione ineguale del reddito, del potere e della ricchezza, che a loro volta sono influenzate da politiche educative, diritti riproduttivi, alloggio, occupazione sicura e struttura dell’assistenza sanitaria. Nei paesi con maggiore disuguaglianza di reddito, infatti, i risultati di salute della popolazione tendono a essere peggiori rispetto a quelli con livelli di reddito più equi. Questo approccio può prevenire il perpetuarsi delle disuguaglianze e, in ultima analisi, della possibilità di godere di buona salute.
Anche in questo caso, oltre, al genere, bisogna considerare il modo in cui le altre dimensioni, quali l’etnia e lo stato socioeconomico, influenzano l’accesso e la qualità delle cure. Se concepisco una nuova terapia, un nuovo servizio diagnostico, uno strumento o un percorso, posso scegliere di fare qualche ipotesi e approfondimento in più su chi potrebbe essere la rosa di utenti finali e andare oltre agli aspetti tecnici di efficacia. Posso considerare l’accessibilità, la possibilità di fruirne, gli aspetti logistici, le conoscenze pregresse che servono per poterne trarre i benefici previsti, gli aspetti culturali che potrebbero influenzare la fruizione, la libertà di movimento, la disponibilità e l’indipendenza economica. Sono tutti fattori che, sommati al genere, potrebbero influenzare la riuscita di ciò che la mia innovazione, nelle migliori intenzioni, avrebbe permesso di ottenere. L’efficacia passa anche da queste considerazioni.
Promuovere un’innovazione sostenibile è quindi un cambiamento culturale e strutturale che sposi i principi dell’intersezionalità e che garantisca che tutte le persone, indipendentemente dalle loro caratteristiche individuali, abbiano le stesse opportunità di accedere ai diritti fondamentali e ai benefici delle nuove tecnologie. Le risorse impiegate e le invenzioni portate sul mercato devono essere accessibili a una vasta gamma di persone, tenendo conto delle loro diverse necessità e condizioni. Un esempio riguarda l’accesso alle tecnologie e alla digitalizzazione, un processo necessario e rivoluzionario che però, come sempre, lascia indietro qualcuno. Alcuni studi hanno dimostrato che esistono disparità significative nell’utilizzo delle tecnologie basate su genere, età, livello di istruzione e status socioeconomico. Queste disparità non solo limitano l’uso delle tecnologie esistenti, ma anche la partecipazione alla loro progettazione, riducendo l’opportunità di creare soluzioni realmente inclusive ed efficaci. Ridurre il campo di opportunità nell’utenza finale ha un impatto anche sulla sostenibilità dal punto di vista ambientale, oltre che sociale ed economico. Sfruttare risorse e produrre rifiuti per trovare nuove soluzioni richiede un livello di ottimizzazione e di efficienza che dipende anche dal beneficio ottenuto: meno persone potranno godere di quelle soluzioni, meno efficiente sarà stato il processo. In un momento di crisi climatica come quello in cui ci troviamo, con un debito nei confronti della Terra che alla metà di ogni anno si fa sentire, la necessità di ripensare l’innovazione con un approccio diverso e più consapevole dei bisogni delle persone assume un valore ancora più importante.
Nicole Ticchi
SHE IS A SCIENTIST APS
Clust-ER Health Emilia-Romagna
Per saperne di più:
- Intersectionality in quantitative research: A systematic review of its emergence and applications of theory and methods
- Gendered Innovations
- ERC Frontier Research on Diversity
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