La scienza espressa
di Stefano Ossicini

Einstein e l’abile manipolatore

Nella primavera del 1935 i lettori della più importante rivista scientifica dell’epoca, la tedesca Zeitschrift für Physik, si trovarono di fronte a un unicum, la perizia del più noto psichiatra di Berlino, Emil Freiherr von Gebsattel. La perizia recitava: “Fin dal 1932 il Dr. Emil Rupp ha sofferto di debolezza emotiva (psicoastenia) legata a stati attivi psicogeni di semicoscienza. Durante la malattia e a causa di essa, lo stesso ha pubblicato, senza rendersene conto, comunicazioni su fenomeni scientifici (positroni, disintegrazione atomica) che hanno il carattere di “finzioni”. Si tratta dell’intrusione nell’area della sua attività scientifica di stati di sogno. Esiste un’assoluta certezza sulla sua guarigione”.  Non scienza, ma fantascienza! È l’epilogo di una sconcertante vicenda iniziata dieci anni prima.

Oggi nessun libro di fisica menziona Emil Rupp, ma Rupp, nato nella Germania del Kaiser nel 1898 e morto nella Repubblica democratica tedesca (DDR) nel 1979, è stato fra gli sperimentali più attivi in fisica atomica e nucleare durante gli anni ruggenti di queste discipline: la decade tra il 1925 e 1935. Nelle sue memorie, Walther Gerlach, fra i fisici più importanti del tempo, ricorda come Emil Rupp fosse considerato uno fra gli scienziati di maggior successo. Nel 1929 il premio Nobel Louis de Broglie, nel suo discorso di accettazione, aveva affermato che l’esperimento che meglio provava la sua ipotesi sulla natura ondulatoria dell’elettrone era quello compiuto da Rupp nel 1928. Werner Heisenberg, premio Nobel nel 1932, annoverava l’esperimento dello specchio rotante di Einstein e Rupp sulla natura della luce, del 1926, fra le esperienze più significative atte a dimostrare come la pittura particellare e quella ondulatoria fossero perfettamente consistenti. E per capire cosa sia successo è proprio da questo esperimento che dobbiamo partire.

L’esperimento di Einstein e Rupp. Configurazione originale di Rupp. La luce generata in K viene convogliata attraverso due specchi S1 e S2 verso lo schermo posto in Fr, compiendo cammini diversi.

Emil Rupp aveva ottenuto il dottorato in fisica nel 1922 a Heidelberg sotto la supervisione del premio Nobel Philipp Lenard. Nel 1926 aveva pubblicato, nei famosi Annalen der Physik, i risultati di un esperimento sulla misura della lunghezza di coerenza per la luce emessa da ioni accelerati di idrogeno. La lunghezza di coerenza è la differenza massima di percorso che due raggi di luce provenienti dalla stessa sorgente possono percorrere, riuscendo comunque a originare figure di interferenza. Nell’esperimento la luce veniva separata da una lente in due raggi e convogliata in due percorsi: due bracci di diversa lunghezza contenenti degli specchi (un interferometro). Variando tali lunghezze, Rupp, a occhio nudo, osservava la formazione di figure di interferenza su di uno schermo dove i due raggi terminavano. Dalla massima differenza in lunghezza tra i bracci, per cui si poteva ancora osservare una figura di interferenza, si risaliva alla lunghezza di coerenza della luce. I suoi risultati attrassero l’attenzione di Einstein costantemente interessato alla doppia natura, ondulatoria e corpuscolare, della luce, che propose a Rupp di rifare l’esperimento sotto la sua guida e di pubblicare il lavoro assieme. Rupp chiaramente accettò. Einstein era ormai diventato l’icona dello scienziato, comparire in una pubblicazione assieme a lui era il sogno di ogni ricercatore.

E qui avviene qualcosa di singolare. Einstein si trova a Berlino, Rupp ad Heidelberg. I due comunicano per posta. Possiamo seguire da vicino la loro collaborazione attraverso la corrispondenza presente negli Archivi Einstein. Einstein si rende conto che per ottenere dei risultati è necessario ruotare lo specchio S2 (Figura 1), ma non lo dice a Rupp, che nel suo esperimento iniziale non aveva affatto parlato di una rotazione dello specchio. Einstein invece ne accenna in una lettera dell’aprile 1926 al suo amico Ehrenfest, a cui scrive: “Rupp dovrà condurre un esperimento sulla natura della luce. Probabilmente lo ha di fatto già compiuto, ma non lo sa ancora”.  Dalla corrispondenza fra i due si evince come Rupp sia sempre attento a venire incontro ai desiderata di Einstein modificando continuamente e opportunamente i suoi risultati per concludere infine “Nel manoscritto ho aggiunto qualche frase per dimostrare che nel mio lavoro precedente, senza saperlo e inconsciamente, ho portato a termine proprio l’esperimento dello specchio rotante, e in questo modo sono arrivato ai miei risultati per la differenza dei cammini nell’interferenza”. Rupp si era infine reso conto del problema. Strano che Einstein non si sia insospettito di questo comportamento, anche se alla fine deciderà che i risultati vengano pubblicati separatamente. Il suo lavoro teorico termina con l’affermazione “Il presente lavoro è stato scritto nel maggio del 1926 ed è servito al signor Rupp come guida ai suoi esperimenti descritti nel lavoro seguente. Questi hanno pienamente provato la mia teoria”. Forse qualche sospetto lo tormentava.

Ma tant’è, Rupp è ormai diventato famoso e si trasferisce a Berlino nel centro di ricerca dell’AEG.

Qui agisce per anni come ricercatore indipendente con propri fondi di ricerca e un suo laboratorio, lavorando sui fenomeni di diffrazione e polarizzazione elettronica e finendo per ritrovarsi spesso al centro di forti controversie con diversi ricercatori. In mezzo a tutta questa bufera, Rupp continua nella sua politica di sempre. Evitare quando è possibile le polemiche oscillando tra l’affermazione di aver già fatto ammenda su un’altra rivista scientifica e il prendere atto dell’errore, indicato come una svista, ma, soprattutto, buttandosi a corpo morto in nuove avventure, naturalmente su temi particolarmente caldi. Ed è così che Rupp pubblica una serie di “pregevoli” lavori nel campo delle particelle elementari, occupandosi di positroni, neutroni e protoni, affermando di essere in grado di raggiungere altissime energie. Tutte queste pubblicazioni sono accompagnate da un imponente apparato di fotografie, grafici, tabelle. Ma Rupp, a questo punto, si è forse spinto troppo oltre. Due giovani ricercatori dell’AEG, sospettosi, chiedono a Rupp di poter aver accesso al suo laboratorio e di poter assistere ai suoi esperimenti, cosa che Rupp nega recisamente. Un giorno, i due riescono infine a penetrare nel laboratorio, forzandone la porta, scoprendo che gran parte delle attrezzature lì presenti non mostrano segni di uso. Ed è così che Rupp si trova costretto a produrre la perizia psichiatrica di cui sopra e viene licenziato dall’AEG. Ma, allo stesso tempo, Rupp non rinuncia ad una coda velenosa. Nella perizia si parla, infatti, solo dei lavori svolti a partire dal 1932, di fatto una vera e propria difesa di tutto il proprio lavoro precedente, in particolare di quello che ha portato al famoso esperimento di Einstein e Rupp.

Purtroppo per Rupp, il gruppo di Gerlach qualche anno dopo dimostrerà che l’esperimento è sì fattibile, ma con un diverso senso di rotazione dello specchio rispetto a quello proposto da Einstein (anche i grandi possono sbagliare) e “utilizzato” da Rupp! È la riprova che Rupp l’esperimento non lo aveva svolto per nulla oppure aveva manipolato i risultati. Probabilmente Rupp, spinto dal desiderio di non deludere Einstein, aveva finito per adattare i propri risultati alle idee del grande scienziato. Pubblicato l’esperimento e divenuto famoso, Rupp non aveva più saputo rinunciare al successo, invischiandosi sempre più nella contraffazione dei dati. Come un giocatore di poker che sta bluffando, si era trovato sospinto ad alzare la posta, finché qualcuno non era andato a vedere le sue carte. Aveva saputo comunque tenerle ben nascoste per dieci anni!

Ma Rupp non era uomo da perdersi d’animo, finita la Seconda guerra mondiale, si ritrovò a essere cittadino della Germania est e qui diresse per vent’anni l’Istituto di ricerca della DDR per l’Industria poligrafica.

 

                                                                                              Stefano Ossicini

Università di Modena e Reggio Emilia

 

Per saperne di più

  • S. Ossicini “L’universo è fatto di storie, non solo di atomi. Breve storia delle truffe scientifiche”, Neri Pozza, 2012.
  • A. P. French, “The strange case of Emil Rupp”, Physics in Perspective 1, 3-21 (1999).
  • J. van Dongen, “Emil Rupp, Albert Einstein and the canal ray experiments on wave-particle duality: Scientific fraud and theoretical bias”, Historical Studies in the Physical and Biological Sciences 37, 73-120 (2007)
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