La scienza espressa
di Catalina Curceanu

Frammenti di memoria – la mia Mosca

Eravamo nel 1990 – Ceausescu non c’era più – ma la cortina di ferro esisteva ancora. E, per certi versi, non è mai scomparsa, come dimostrano gli ultimi tragici eventi.

Frammenti di memoria: stavo a Dubna, al JINR, l’istituto di ricerca russo con cui avevamo una collaborazione. No, non vi voglio parlare di fisica, ma dei russi che ho incontrato. Sbattendo sempre le porte come se fossero arrabbiati – ma non lo erano, era semplicemente il loro modo di fare. Bisognava stare attenti a non ricevere una porta – e che porte! – in testa.

Eppure, a modo loro, erano delicati, con un incredibile senso di accoglienza.

Una mia collega ed io andammo a trovare una sua amica a Mosca – 100 km da Dubna.
Inverno, dicembre, freddo. Ci ospitò a casa sua.

Ma non si trovava da mangiare. I russi, come noi in Romania, soffrivano la fame: il cibo era razionato e carissimo al mercato nero.

Non ricordo il nome dell’amica della mia collega – chiamiamola Natasha. Ci accolse a casa sua e, all’improvviso, mise in tavola una serie di piatti meravigliosi! Era tutto quello che aveva in casa, il suo cibo per giorni e giorni a venire. Noi ci sentivamo a disagio, non volevamo toccare nulla, ma lei si sarebbe offesa. Che fare? Abbiamo mangiato, cercando di lasciare qualcosa. Ma Natasha insistette così tanto che alla fine finimmo tutto, consapevoli che per giorni non avrebbe avuto altro cibo – almeno nulla che si potesse davvero chiamare tale.

Che ricordo! Ci portò in giro per Mosca e ci ospitò nel suo appartamento. Un appartamento qualunque… comunista, se mi capite. Ma con un calore umano che raramente ho incontrato nella mia vita. Natasha ci offrì persino dei cioccolatini – russi, ovviamente – e piuttosto cattivi. Ma quel cioccolato, tirato fuori dalla sua stanza dei tesori nascosti, fu uno dei migliori che abbia mai mangiato.

Poi c’era Kyryl, il collega con cui lavoravo. Anche lui ci invitò a cena, sorprendendoci con del cibo acquistato al mercato nero, inclusa una bottiglia di champagne accompagnata, ahimè, dal solito terribile cioccolato russo – per loro, però, un bene prezioso.

Fu anche il primo a regalarmi dei libri in inglese – e che libri! Uno era The Sea, The Sea di Iris Murdoch.

Fu sempre Kyryl ad accompagnarci alla stazione di Dubna quando partimmo, regalandoci delle… rose. Era Natale. Non so dove le abbia trovate né quanto le abbia pagate.

I russi… Immagino che anche loro soffrono in mezzo a questa follia, e il mio pensiero va anche a loro: a Natasha, a Kyryl e a tanti altri ancora.

“Se tutti andassero in guerra solo in base alle proprie convinzioni, le guerre non ci sarebbero più.”
Lev Tolstoj

Catalina Curceanu

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