La scienza espressa
di Stefano Ossicini

Misoginia: quando Marie Curie rischiò di perdere il suo secondo premio Nobel

È il 7 novembre 1911, le agenzie di stampa di tutto il mondo rilanciano l’annuncio dell’Accademia delle Scienze di Svezia: Marie Sklodowska-Curie (1867-1934) è stata insignita del suo secondo premio Nobel, questa volta per la chimica. Premio Nobel che segue quello del 1903, per la fisica. Marie, a tutt’oggi, è l’unica/o ricercatrice/ore ad aver ottenuto due premi Nobel in due discipline scientifiche diverse, fisica e chimica. Oltretutto, questa volta, il premio Nobel è solo e tutto suo. Nel 1903 il premio era stato condiviso con il marito Pierre Curie (1859-1906) e con Henri Becquerel (1852-1908), per la scoperta e le ricerche sulla radioattività. E molti, sia in Francia, che all’estero, l’avevano considerata come una mera appendice del marito, un’assistente e nulla di più. In una lettera del 1903, indirizzata a Stoccolma e firmata da diversi membri dell’Accademia delle scienze di Francia, solo Henri Becquerel e Pierre Curie erano stati proposti per il Nobel di quell’anno. Fu Gösta Mittag-Leffler (1846-1927), famoso matematico e membro dell’Accademia reale svedese, che considerava profondamente ingiusta quella scelta, ad avvertire Pierre Curie che il nome di Marie non era stato menzionato per il premio. Nell’agosto 1903 Pierre rispose evidenziando in dettaglio il contributo di Marie e proponendo un riconoscimento contemporaneo. Mittag-Leffler approfittò del fatto che Marie era stata proposta da altri l’anno prima e così si arrivò al riconoscimento anche per lei.

Nel 1906 Pierre era morto, investito da una carrozza trainata da cavalli. Marie aveva preso il suo posto di professore alla Sorbona ed era riuscita a isolare per la prima volta, nel 1910, il radio nella sua forma pura, metallica. Un’impresa, che, accanto alla precisa determinazione del numero atomico del radio, alla scoperta del polonio, al lavoro per la scelta e la determinazione di un’unità di misura per la radioattività (su proposta di Marie, nel 1909, a tale unità fu dato il nome di curie, in onore di Pierre), le era valsa questo secondo premio, ora privo di ombre. Ma neanche questa volta Marie poté godersi il riconoscimento senza angustie.

A novembre 1910 Marie era stata candidata all’Accademia delle scienze di Francia, l’Accademia dei cosiddetti Immortali. È vero, sarebbe stata la prima donna a far parte dell’Accademia, ma è già premio Nobel e professoressa alla Sorbona. Non sembrano esserci ostacoli. Ma il 16 Novembre 1910 la notizia della sua candidatura diventa pubblica con un articolo del quotidiano Le Figaro. E subito si scatena una campagna di stampa diffamatoria. Molti amici della cerchia di Marie erano noti per le loro posizioni progressiste e cosmopolite, per la loro attività durante l’affare Dreyfus, e per essere stati, fin dalla fondazione, membri influenti della Lega per i Diritti dell’Uomo. È la stampa di destra francese, con in testa il quotidiano antisemita e ultranazionalista L’Action Francaise, diretto da Leon Daudet (1867-1942), figlio dello scrittore Alphonse Daudet (1840-1897), a menare le danze contro la candidatura di Marie all’Accademia. Non solo vengono ritirate fuori le accuse a Marie di aver rubato la scena al marito Pierre, ma la si accusa, lei di famiglia cattolica, che non aveva volute far battezzare le figlie, di essere, invece, di origine ebrea. Su Le Figaro esce un lungo saggio, intitolato “Il travestito verde” (verde era il colore dell’abito degli accademici) della scrittrice Marie de Régnier (1875-1963) che accusa la Curie di tradire l’eterno ideale femminino: le donne sono fatte solo per l’amore, la devozione e non per l’ambizione e la scienza. Viene scelto un candidato da opporre alla Curie, il fisico Edouard Branly (1844-1940), uno dei pionieri delle radiocomunicazioni, che sarà il prescelto. Marie non entrerà mai a far parte dell’Accademia delle Scienze, non vorrà neanche più essere candidata e da allora non pubblicherà più i suoi lavori sulle riviste scientifiche dell’Accademia. Per vedere una donna membro di questo istituto bisognerà attendere fino al 1962. Ma questo è solo un piccolo assaggio di quello che la Curie dovrà affrontare nell’anno del suo secondo Nobel.

Dopo la morte di Pierre era nata una forte amicizia tra Marie e il fisico Paul Langevin (1872-1946), amicizia che lentamente si era trasformata in una storia di amore. Paul Langevin aveva una difficile situazione familiare; sposato con quattro figli, il suo matrimonio era stato un continuo di litigi spesso violenti e di discussioni feroci. La famiglia della moglie Jeanne Desfosses (1874-1970) gli rimproverava sia le sue tendenze progressiste che il suo magro stipendio di professore.

Conferenza Solavy 1911. Seduti, da sinistra: W. Nernst, M. Brillouin, E. Solvay, H. Lorentz, E. Warburg, J. Perrin, W. Wien, M. Curie e H. Poincaré. In piedi, da sinistra: R. Goldschmidt, M. Planck, H. Rubens, A. Sommerfeld, F. Lindemann, M. de Broglie, M. Knudsen, F. Hasenöhrl, G. Hostelet, E. Herzen, J.H. Jeans, E. Rutherford, H. Kamerlingh Onnes, A. Einstein e P. Langevin.

Nei primi giorni di novembre del 1911 si era svolta a Bruxelles la prima delle famose conferenze Solvay, fra i partecipanti, Marie e Paul. Ed ecco che il 4 novembre 1911 appare sul quotidiano conservatore Le Petit Journal, edito dal cognato di Jeanne Langevin, un articolo dal titolo “Una storia di amore: madame Curie e il professor Langevin”. Nell’articolo si parla della scomparsa da Parigi sia di Madame Curie che di Langevin, e quest’ultimo viene accusato di aver abbandonato la moglie e i quattro figli per seguire Marie. La storia viene ripresa e alimentata da diversi giornali. La replica di Marie, affidata al periodico Le Temps, è immediata. La vicenda della fuga era una pura invenzione, una vera follia. In quei giorni, lei era stata a Bruxelles per partecipare ad una conferenza importante assieme ad una ventina dei migliori scienziati del mondo. Nel frattempo, come abbiamo visto, il 7 novembre, l’Accademia delle Scienze di Svezia aveva annunciato il secondo premio Nobel a Marie. Interessante è che l’Accademia svedese stessa, allarmata dal clamore, aveva contattato diverse volte l’ambasciatore di Svezia a Parigi onde rimanere informata sugli sviluppi della vicenda, venendone rassicurata.

Contemporaneamente si lanciano sull’affare Curie-Langevin sia il Petit Journal che soprattutto, ancora una volta, Leon Daudet con il suo famigerato l’Action. Ne nasce, così, una replica fortemente ampliata della campagna dell’anno precedente. Gli attacchi alla Curie diventano feroci. Marie viene accusata di essere una sorta di vedova nera, per giunta straniera e probabilmente ebrea, che ruba il marito ad una povera donna francese e toglie il padre ai suoi quattro figli. Una donna fredda e calcolatrice, un’intellettuale emancipata, ostile al culto della famiglia, che aveva fondato la sua fama sul lavoro del marito morto, di cui ora disonorava la memoria. Di più, si arriva anche ad insinuare che la storia tra Marie e Paul fosse nata quando Pierre era ancora in vita e che quest’ultimo, disperato per il tradimento della moglie e dell’amico, si era suicidato.

Quel giorno stesso una folla rumoreggiante si raccoglie attorno alla casa dei Curie a Sceaux, alle porte di Parigi. Marie Curie e la sua famiglia sono ormai assediate al grido “Abbasso la straniera, ladra di mariti! Tornatene in Polonia!” Sassi vengono lanciati contro le finestre. Occorre fare qualcosa.

Marguerite Borel (1883-1969), scrittrice nota sotto lo pseudonimo di Camille Marbo, e figlia di Paul Appel (1855-1930) matematico e preside della Facoltà di scienze della Sorbona e Andrè-Louis Debierne (1874-1949), chimico, da sempre collaboratore dei Curie, che nel 1899 aveva scoperto l’attinio e nel 1910 assieme a Marie aveva isolato il radio metallico, si precipitano a Sceaux per affrontare la teppaglia e per proteggere Marie e Eve Curie (1904-2007), la più piccola delle sue due figlie. Lo stesso Debierne si reca poi alla scuola frequentata dalla figlia maggiore Iréne Curie (1897-1956) per sottrarla al clamore. Emil Borel (1871-1956), matematico, marito di Marguerite, prepara per tutte loro una stanza in un suo appartamento alla Scuola Normale, di cui è il Direttore. Qui Marie trova finalmente riparo.

La situazione diventa complicata e incandescente. Il ministro della pubblica istruzione convoca Borel e gli ingiunge di far sloggiare la Curie da un appartamento che appartiene all’Università, un’istituzione che lei, con la sua presenza, sta screditando. Il ministro minaccia di rimuovere Borel dal suo incarico, Borel non indietreggia di un passo. Terrà le Curie a casa sua finché sarà necessario ed è pronto a presentare le proprie dimissioni e quelle di altri docenti della Sorbona e a farne un caso pubblico se il ministro insiste. Borel non verrà rimosso e Marie rimarrà in quella casa alla Sorbona.

La rivista L’Oeuvre diretta da Gustave Téry (1870-1928), un acceso nazionalista e un fondamentalista cattolico violentemente antisemita, pubblica presunte copie di lettere di Marie e Paul. Jeanne Langevin denuncia per abbandono del tetto coniugale il marito. Paul e Marie vengono convocati in tribunale per il 9 dicembre. In teoria, il giorno dopo, il 10 dicembre, Marie dovrebbe essere a Stoccolma per ricevere il premio Nobel. Gli eventi sembrano precipitare di nuovo.

Paul Langevin sfida a duello Gustave Téry. Il duello avviene il 26 novembre, al mattino, nel bosco di Vincennes, ma nessuno dei due spara, ci si limita solo a puntare le armi. Lo stesso giorno una viva descrizione del mancato duello compare su diversi quotidiani di Parigi. La notizia fa il giro del mondo e raggiunge anche la Svezia. Svante Arrhenius (1859-1923), chimico svedese, premio

Nobel per la chimica nel 1903 e membro del comitato per il Nobel, scrive a Marie dicendole che per lui e molti colleghi è preferibile che lei non si faccia vedere il 10 dicembre alla premiazione e che qualora l’Accademia avesse creduto all’autenticità delle lettere non le avrebbe conferito il premio! Marie Curie è profondamente addolorata e distrutta, scrive a Gösta Mittag-Leffler, che ancora una volta è dalla sua parte, e si consiglia con lui sul da farsi. Infine spedisce una lunga lettera ad Arrhenius rivendicando la validità del suo lavoro scientifico, chiedendo rispetto per la sua vita privata e annunciando che sarà comunque a Stoccolma, pronta a ricevere il premio. La lettera termina con la frase: “In tutta questa vicenda penso di non aver nulla da rimproverarmi, se non di aver trascurato i miei interessi”. Così Marie sarà a Stoccolma, accompagnata dalla figlia Irène e dalla sorella Bronia, e riceverà dalle mani del re di Svezia il suo secondo premio Nobel. Il discorso di accettazione del premio sarà privo di paure e pieno di rivendicazioni dei suoi meriti.

Ma lo stress è stato troppo, appena tornata in Francia la Curie avrà un crollo psicofisico e dovrà essere ricoverata in una casa di cura. Paul e Marie rimarranno buoni amici per il resto della loro vita, ma la loro storia d’amore è irrimediabilmente finita. Il 1912 sarà l’anno del recupero e della guarigione, opera soprattutto di Hertha Ayrton (1854-1923), una fisica inglese amica di Marie, che la invita a trascorrere con le figlie un lungo periodo in Inghilterra, in incognito, lontano dai riflettori e dalla stampa francese. Un lungo soggiorno che coinciderà con il punto più alto del movimento delle suffragette in Inghilterra, di cui Hertha Ayrton è una delle esponenti più importanti e la sua casa un punto di riferimento. Ma questa è un’altra storia.

Stefano Ossicini
Università di Modena e Reggio Emilia

Per saperne di più

  • S. Quinn, Marie Curie. Una vita. Bollati Boringhieri, Torino 1998.
  • B. Goldsmith, Genio ossessivo. Il mondo interiore di Marie Curie, Codice, Torino 2006.
  • S. Ossicini, Non ho nulla da rimproverami. 1911 Stoccolma e dintorni, Scienza Express, Trieste 2013.
  • S. Ossicini, Marie Curie, Hertha Ayrton e le altre. Donne e Scienziate. Scienze e Ricerche 5, 25-36 (2015)

 

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