La scienza espressa

Il diritto al cibo negato

di Andrea Segrè6 Maggio 2024 alimentazione, ecologia, la scienza espressa, salute

A proposito del diritto a un’alimentazione adeguata, nutriente, sufficiente, compatibile culturalmente – diritto riconosciuto a livello internazionale fin dalla Dichiarazione universale dei diritti umani (1948) – le rilevazioni statistiche più recenti dimostrano come anche in Italia siamo molto lontani dal soddisfarlo. Il numero di poveri alimentari negli ultimi anni continua a crescere: a seconda delle stime e delle definizioni fra i 3 e i 5 milioni di persone vive in condizioni di insicurezza alimentare. Ma il quadro è ben peggiore rispetto alle statistiche ufficiali. Prendendo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher International (Campagna Spreco Zero-Università di Bologna), un osservatorio sui comportamenti alimentari basato sulle autopercezioni e rilevato su campione rappresentativo della popolazione, emerge chiaramente che la platea di poveri alimentari è superiore e gli effetti della povertà hanno un impatto negativo sull’alimentazione e sulla salute.

Nel primo caso emerge ad esempio che un povero alimentare può essere tale anche se non in povertà economica. Nel senso che può avere un reddito al di sopra della povertà ma poi essere in una condizione dove la spesa alimentare si riduce. Ad esempio, fra i tanti, un padre separato che paga il mutuo della casa dove vive l’ex moglie, gli alimenti, un nuovo affitto non necessariamente ha un reddito rimanente sufficiente per permettersi un’alimentazione adeguata.

Nel secondo caso i dati dell’Osservatorio sono significativi. Confermando peraltro il trend degli anni precedenti, si evince che le fasce meno abbienti della popolazione italiana, quelle più esposte alla crisi economica e all’inflazione alimentare, sprecano più alimenti, abbassano il livello qualitativo della dieta alimentare e soffrono delle patologie legate alla malnutrizione.

Qualche numero, riferito al report Waste Watcher 2024, ci aiuta a capire meglio. Rispetto allo spreco pro-capite medio a settimana in Italia, pari a 566,3 g, il ceto popolare arriva a 661,1 grammi (+17% della media nazionale). I prodotti più sprecati in questa categoria registrano aumenti significativi rispetto alla media nazionale, tra cui insalate (+25%), salse (+24%), pizza (+24%), maionese (+24%), e pasta cruda (+21%). Questo incremento è associato a una serie di fattori, tra cui la riduzione del budget per la spesa alimentare. La scelta di prodotti di qualità inferiore, più inclini al deterioramento precoce, è una risposta alla pressione economica, contribuendo così all’aumento dello spreco. Allo stesso tempo, la difficoltà nel gestire alimenti come insalate e salse riflette una combinazione di fattori, tra cui la mancanza di informazioni sulla conservazione e l’accessibilità economica a soluzioni di conservazione adeguate (in primis, il frigorifero).

I dati indicano chiaramente che il ceto popolare, colpito in modo più acuto dall’aumento dei prezzi alimentari, è costretto a compiere compromessi sostanziali nella sua dieta. Il 44% in più di questo ceto si orienta verso l’acquisto di prodotti prossimi alla scadenza e cerca le promozioni, mentre il 41% in più si rivolge al discount, riflettendo la necessità di acquisire prodotti di una fascia di prezzo più bassa. Ciò spiega anche il maggiore spreco fatto registrare, visto che acquistando alimenti con una “vita più breve” diventa più alta la probabilità di poterlo sprecare.

In altre parole, il legame fra povertà alimentare e spreco ha un effetto doppiamente negativo. Da una parte lo spreco quantitativo si riflette sull’aumento del rifiuto alimentare che deve essere smaltito e dunque sull’ambiente. Dall’altra lo spreco qualitativo nel senso dell’abbassamento del valore nutrizionale degli alimenti consumati si riflette sul peggioramento della dieta e dunque sulla salute. Non a caso sono le persone meno abbienti a essere sovrappeso e obese, effetto della malnutrizione per eccesso, e soffrire delle conseguenti patologie cosiddette metaboliche come ad esempio il diabete, le malattie cardio-vascolari eccetera.

Insomma i poveri alimentari rispetto agli altri mangiano peggio, sprecano di più e si ammalano con maggiore frequenza.

Questi dati fanno riflettere perché evidente che nel campo della povertà alimentare finora gli interventi del Governo hanno elargito (pochi) fondi per un sollievo temporaneo: il reddito alimentare ancora in fase sperimentale in quattro città e la social card “dedicata a te” non incidono assolutamente su una questione che peraltro non si risolve soltanto con la soddisfazione di un bisogno materiale – mangiare – e un intervento economico emergenziale. Un passo avanti, sia culturalmente che praticamente, sarebbe almeno il riconoscimento di un vero e proprio diritto al cibo (ius cibi). Ovvero il diritto a un’alimentazione adeguata, sufficiente, nutriente, compatibile culturalmente. Diritto di fatto negato ai poveri.

Andrea Segrè

Università di Bologna, Osservatorio internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero

Dal nostro catalogo: D(i)ritto al cibo, Il pianeta dei frigoriferi, All you can eat

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