La scienza espressa

Le elezioni europee: un tour nei sistemi proporzionali

Tra il 6 e il 9 giugno (l’8 e il 9 in Italia) si svolgono le elezioni europee 2024. Gli elettori italiani (tutti coloro che alla data delle elezioni avranno già compiuto 18 anni) eleggeranno 76 deputati per il Parlamento Europeo. Come previsto dalle leggi dell’Unione, in Italia, così come negli altri ventisei Paesi, si utilizzerà il metodo proporzionale. Secondo il metodo proporzionale, ogni partito riceve un numero di rappresentanti eletti in parlamento proporzionale al numero di voti espressi a suo favore. La rappresentanza in Parlamento è proporzionale alla rappresentanza nella popolazione. Cosa ci può essere di più democratico? Eppure le cose non sono così semplici.

Innanzitutto ogni stato dell’Unione può decidere in quante circoscrizioni elettorali suddividere il suo territorio. Mentre la maggior parte dei Paesi membri non suddivide il proprio territorio in circoscrizioni, Belgio, Irlanda (3 circoscrizioni ciascuno), Italia (5), Polonia (13) e Germania (16) lo fanno. Nei vari paesi cambia anche la soglia di sbarramento (da nessuno sbarramento a un massimo del 5%; per l’Italia lo sbarramento è al 4%). Tale soglia fissa una percentuale minima di voti che un partito deve ottenere per essere rappresentato in Parlamento. Serve a diminuire lo spezzettamento del Parlamento in piccoli partiti, ma contemporaneamente riduce la rappresentatività. Inoltre nei vari stati sono in vigore metodi diversi per la ripartizione proporzionale dei seggi (metodo D’Hondt in sedici Paesi, metodo Hare-Niemeyer in cinque tra cui l’Italia, metodo Sainte-Laguë in tre – in due classico, in uno modificato –, in due con voto singolo trasferibile e in Slovacchia col quoziente di Droop). Cosa vuol dire, esattamente, “metodi diversi per la ripartizione proporzionale dei seggi”? Cerchiamo di capirlo con un esempio.

Innanzitutto, se vanno ripartiti 10 seggi e il partito A riceve il 60% dei voti, mentre il partito B ne riceve il 40%, il partito A avrà diritto a 6 seggi e il partito B avrà diritto a 4 seggi. Cosa succede invece nel caso in cui il partito A riceve ben il 64% dei voti (e il B il restante 36%)? Dato che non possiamo assegnare 6,4 parlamentari al partito A, bisogna decidere se suddividere i parlamentari 7 a 3 o 6 a 4: di sicuro altre ripartizioni non ci sembrano soddisfare la volontà di mantenere una proporzionalità tra voti ricevuti e seggi ottenuti. Per decidere come scegliere tra queste due possibilità, si possono usare metodi diversi.

Nel metodo D’Hondt si provvede a costruire una tabella, dove si elencano i numeri da 1 a 10 (i seggi totali) nella prima colonna, mentre nelle altre colonne si mettono i voti ricevuti da A e da B nella cella in alto e, in quelle sottostanti, i due numeri divisi per il numero di riga (nell’esempio A ha ricevuto 64.000 voti e B 36.000). Il numero che otteniamo nella quarta riga della colonna A ci dice che se assegniamo ad A 4 seggi, il partito A ha ottenuto un seggio ogni 16.000 voti ricevuti.

Seggi

A B

1

64.000

36.000

2

32.000 18.000

3

21.333 12.000
4 16.000

9.000

5

12.800 7.200
6 10.667

6.000

7

9.143

5.143

8

8.000

4.500

9

7.111

4.000

10 6.400

3.600

Tra questi 20 numeri (10 per partito), mettiamo in grassetto i 10 numeri maggiori, e assegniamo a ogni partito un seggio per ogni numero in grassetto. Così A riceve 7 seggi e B ne riceve 3. In questo modo sono stati necessari 9.143 elettori per far avere ad A un seggio, mentre se avessimo effettuato la scelta di darne 4 a B, questo partito ne avrebbe ottenuto uno con soli 9.000 elettori mentre i 9.143 elettori di A non gli avrebbero portato un seggio. Potreste però essere perplessi per il fatto che il 36% è più vicino al 40% che al 30% e quindi ritenere più equo che B riceva 4 seggi. E in effetti se avessimo fatto così, il partito A avrebbe ottenuto un seggio ogni 10.667 voti, B un seggio ogni 9.000 voti; una differenza ridotta rispetto a 9.143 e 12.000 come propone il metodo analizzato.

Il metodo Sainte-Laguë funziona in maniera simile al metodo D’Hondt, ma per calcolare i numeri su ogni riga, anziché dividere il numero di voti ottenuti per il numero di riga r, li divide per 2r-1, rendendo più difficile acquisire un nuovo seggio, più è alto il numero di seggi che già si sono conquistati. A differenza di quanto accade col metodo D’Hondt, il numero ottenuto con la divisione non ha un significato immediato. Semplicemente, in questo modo si favoriscono meno i partiti grossi rispetto ai piccoli. Ed ecco che, nel nostro esempio, tale metodo assegna 6 seggi ad A e 4 a B.

Seggi

Divisori A B

1

1 64.000 36.000
2 3 21.333

12.000

3

5 12.800

7.200

4

7 9.143

5.143

5

9 7.111

4.000

6

11 5.818

3.273

7

13 4.923

2.769

8

15 4.267

2.400

9

17 3.765

2.118

10

19 3.368

1.895

Il metodo Sainte-Laguë modificato cambia il primo divisore: sostituendo a 1 il valore 1,4 (nella prima riga i numeri sotto le colonne A e B diventano quindi 64.000/1,4=45.714 e 36.000/1,4=25.714). Questo è semplicemente un modo per introdurre una sorta di soglia di sbarramento, rendendo più difficile l’assegnazione del primo seggio a un partito, ma non cambia niente per i seggi successivi. Nel caso del nostro esempio non cambierebbe nulla. Se invece ci fosse stato anche un partito C con 7.000 voti, nel metodo Sainte-Laguë classico avrebbe ottenuto un seggio a spese del patito B, mentre col metodo modificato il punteggio ottenuto da C per il primo seggio sarebbe stato 7.000/1,4=5.000 e il partito C non avrebbe ottenuto alcun seggio.

Gli altri due metodi si basano su un principio diverso: prima si assegnano i seggi utilizzando una quota e poi si assegna quello che resta. Il metodo Hare-Niemeyer utilizzato in Italia è di questo tipo: prima si calcola quanti elettori dovrebbero servire per ottenere un seggio (siccome ci sono 10 seggi e 100mila elettori, servono 10mila elettori per un seggio) e si assegnano i seggi che sicuramente spettano a ogni partito (6 ad A e 3 a B), poi si vede quanto resta. B ha ricevuto 6mila voti extra, A 4mila voti extra. Resta un seggio da ripartire e lo si dà a B, che ha un maggiore resto. Quindi 6 seggi ad A, 4 seggi a B.

Partiti

Voti Seggi minimi Resti Seggi resto Seggi totali

A

64.000 6 4.000 0

6

B

36.000 3 6.000 1

4

Il quoziente di Droop calcola in maniera diversa il numero di voti che servono per ottenere un seggio: se è il numero di voti espressi e il numero di seggi da ripartire, il divisore di Hare è v/n, mentre il divisore di Droop è [1+v/(1+n)], pari a 9,091 nel nostro esempio. Il divisore più basso rispetto a quello di Hare fa in modo che vengano distribuiti più seggi all’inizio (ma sempre al massimo ) e che ci siano meno resti. Si prosegue a dividere i seggi minimi utilizzando tale quota e poi i seggi restanti esattamente come fa il metodo di Hare-Niemeyer.

Partiti

Voti Voti/divisore Seggi minimi Resti Seggi resto

Seggi totali

A

64.000 7,04 7 363 0

7

B

36.000 3,95 3 8.727 0

3

Nel nostro esempio anche questo metodo porta ad una ripartizione 7 a 3. In effetti questo metodo favorisce maggiormente i partiti grossi, rispetto ai piccoli. Insomma, le cose col “proporzionale” non sono così semplici. E, prima di tutto ciò, si devono suddividere i 720 seggi tra i vari Paesi (e in alcuni casi i seggi del Paese tra i vari distretti). Usando il metodo proporzionale, ovviamente. Ma quale? In proporzione alla popolazione o agli elettori? Non in tutti i Paesi si ha il diritto di voto alla stessa età (16 anni in Austria, Belgio, Germania e Malta, 17 in Grecia, 18 in tutti gli altri). La democrazia e il volere popolare sono una bella cosa, ma il risultato delle elezioni dipende anche (e molto) dalla legge elettorale. E quale sia la “più giusta” o “migliore” non è affatto ovvio. A chi fosse curioso di saperne di più raccomando la lettura di La matematica della democrazia di George Szpiro che analizza dal punto di vista matematico i sistemi elettorali provati nel corso della storia e i loro problemi e paradossi inevitabili.

Buon voto a tuttə!

Alberto Saracco

Università di Parma

 

 

 

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