La scienza espressa

Il numero di Avogadro

di Flavio Marchetto19 Agosto 2024 atomo, fisica, fisica della materia, la scienza espressa

Il numero di Avogadro è uno di quei numeri cruciali che, pur non essendo altrettanto popolare come il pi greco o la velocità della luce, non si può non conoscere. Magari è difficile da ricordare, ma che cosa significhi è meglio saperlo dal momento è il numero che fa passare dal microscopico al macroscopico: l’atomo è il microscopico e la tazzina di caffè (senza dubbi buono e rilassante) è il macroscopico. Lo so che è una domanda assurda cui non ci interessa nulla di conoscere la risposta; ma se il figlio, il nipotino, l’amica, l’edicolante o il barista parlando del più e del meno esce fuori proprio con la fatidica domanda: “chissà quante molecole di caffeina ci sono nella tazzina di caffè…” vogliamo o no dargli una risposta? O per lo meno imparare come fare il calcolo?

Partiamo con calma e vediamo chi fu Amedeo Avogadro e perché è famoso il suo numero; sarebbe meglio chiamarlo costante ma dimentichiamo questa sottigliezza e procediamo. Da Wikipedia: Amedeo Avogadro nacque a Biella nel 1776 e morì a Torino nel 1856. Si laureò in Legge e in seguito preferì dedicarsi a studi di fisica e matematica fino a diventare ben presto membro dell’Accademia delle Scienze di Torino e a insegnare presso l’Università sempre di Torino. Il contributo scientifico più rilevante di Avogadro fu un lavoro pubblicato nel 1811 in cui ipotizzò una regola, o meglio legge, per i gas che diceva: considerato un volume chiuso, il numero di atomi che contiene non dipende dal tipo di gas ma è uguale per tutti i gas.

Lasciamo Wikipedia e proviamo a tradurre la legge di Avogadro in qualcosa di accessibile: prendiamo una pentola con coperchio a tenuta e riempiamola di un gas, poniamo ossigeno. Controlliamo e teniamo costante temperatura e pressione del gas contenuto nella pentola. Il numero di atomi, sebbene gigantesco, è pur sempre un numero definito. Si potrebbe pensare di svuotare il tutto e rimettere lo stesso tipo di gas e, pensando di ricontare gli atomi, si troverebbe lo stesso numero di prima, a parte errori di conteggio. Se volessi infilarne in più, la pressione aumenterebbe: nello stesso volume se ci sono più atomi, la pressione aumenta. Se, invece, si rispetta la condizione che temperatura e pressione siano sempre mantenute costanti, allora il numero di atomi non cambia.

Nella pentola, sempre mantenendo costante pressione e temperatura, sostituiamo l’ossigeno con, per esempio, azoto. Si svuota la pentola completamente e la si riempie con azoto. Secondo la legge di Avogadro il numero di atomi è lo stesso. In effetti, Avogadro non usava il termine atomo ma molecola e in particolare per Avogadro l’atomo era una molecola elementare, ma questo poco importa. Questa ardita congettura (prima di diventare legge era soltanto un’ipotesi), che rimase ignorata per decenni, si rivelò corretta e seppure indirettamente corroborò l’idea di atomo.

Usando il numero di Avogadro, vediamo come contare gli atomi cominciando con quelli di un elemento puro. Quando si parla di elemento puro, si intende che quel pezzo di materia che abbiamo davanti è fatto tutto da atomi dello stesso tipo: alluminio, oro, ferro, carbonio, ossigeno ecc. Il caffè non è un elemento puro, ma ci arriviamo… Nel contare gli atomi faremo una piccola approssimazione che può scandalizzare i puristi, ma alla fine il numero che si trova è giusto con un errore di un qualche percento. Fatte queste premesse, procediamo con la ricetta per contare gli atomi in un pezzo di materia.

Prendiamo, per esempio, un cubetto formato da atomi di ferro. (Qui, per chi lo ha dimenticato, occorre fermarsi e ripassare l’atomo.) L’atomo di ferro ha un nucleo fatto da 26 protoni e 30 neutroni. La somma dà 26+30=56 nucleoni, dove nucleone è un nome generico che indica sia il protone che il neutrone, un po’ come quando volete indicare un gruppo fatto da uomini e donne potete usare il termine persone. A questo punto sorge una domanda: ma come hanno fatto a contare i nucleoni nel ferro? E in tutti gli altri elementi? Sorry, la risposta richiede un tempo più lungo di un caffè. Attenzione: non sto dicendo che è difficile, anzi è facile capire come si misura il numero di nucleoni, ma richiede più tempo: no pain, no gain. Una quantità di 56 grammi di ferro contiene un numero di atomi pari al numero di Avogadro. Se avessimo preso alluminio, avremmo ragionato allo stesso modo: il nucleo dell’atomo di alluminio è formato da 13 protoni e 14 neutroni. La somma dà 13+14=27 nucleoni. E quindi in 27 grammi di alluminio ci sono di nuovo un numero di atomi pari al numero di Avogadro.

Abbiamo una regola (valida all’1-2%): considerato un elemento (ce ne sono circa cento in natura), prendiamone una quantità in grammi pari al numero di protoni più il numero di neutroni, allora quella quantità contiene un numero di atomi pari al numero di Avogadro. Va da sé che se si prende, per esempio, un decimo di quella quantità, il numero di atomi sarà un decimo, e così via. A questo punto siamo pronti per conoscere questo numero:

6,02214076×1023.

È un numero gigantesco: 6 seguito da 23 cifre. Se fosse stato un po’ più di 6 mila (6022) avremmo scritto 6,022×103, un po’ più di 6 milioni (6 022 140) avremmo scritto 6,022140×106. Con 23 cifre il numero è veramente grande. In sostanza ci sono

602 214 076 000 000 000 000 000

atomi in una quantità in grammi di un qualsiasi elemento pari al numero di nucleoni di quell’elemento. Notate che, quando non si conoscono le cifre, per convenzione si mettono degli zeri. Per riassumere il numero cruciale di Avogadro ci fornisce quanti atomi ci sono in una quantità di un dato elemento che pesa in grammi come la somma del numero di protoni e di neutroni che compongono quell’elemento.

Un po’ più complicato è il trattamento delle molecole. (En passant, ricordiamo che la molecola è un agglomerato di atomi fra loro legati.) Facciamo l’esempio di una molecola che ben conosciamo: l’acqua. L’acqua, o meglio la molecola dell’acqua, è fatta da due atomi di idrogeno legati con un atomo di ossigeno: H2O. La domanda da porsi è: in totale, quanti protoni e neutroni ci sono in una molecola d’acqua: 1 protone per ciascun atomo di idrogeno e fa 2, più 8 protoni nell’ossigeno, per un totale di 10 protoni. Inoltre ci sono 8 neutroni nell’ossigeno; l’idrogeno non ha neutroni. Abbiamo quindi 10+8=18 nucleoni. Si applica la stessa regola: 18 grammi di acqua contengono 6,02214076×1023 molecole d’acqua. In questo caso partiamo dal numero di protoni e neutroni in una molecola e determiniamo il numero di molecole in una quantità di grammi pari alla somma dei due numeri. Come scritto poco più sopra, abbiamo fatto alcune approssimazioni nel definire il numero di Avogadro e a un esame di chimica sareste sicuramente bocciati, ma il risultato va bene all’uno-due percento.

Rimane da calcolare quante molecole di caffeina ci sono in una tazzina di caffè. Questo è un po’ più difficile e se il caffè che state gustando sta diventando freddo potere saltare direttamente al risultato. La molecola della caffeina è la seguente: C8H10N4O2, 8 atomi di carbonio C8, 10 di idrogeno H10, 4 di azoto N4 e 2 di ossigeno O2. Contiamo quanti protoni e neutroni ci sono in totale: 8 atomi di carbonio corrispondono a 8×(6p+6n) = 96 nucleoni, 10 atomi di idrogeno–>10×1p = 10, 4 atomi di azoto->4× (7p+7n) = 68, 2 atomi di ossigeno->2x(8p+8p) =32. Sommando tutti questi contributi si trova: 96+10+68+32 = 206. In 206 g di caffeina la quantità di molecole è pari al numero di Avogadro = 6,02214076×1023. Resta da capire quanta caffeina c’è in una tazzina. Questa informazione si ritrova facilmente in rete: in media una tazzina contiene dai 20 ai 40 g di liquido con una quantità di caffeina pari a circa 40 mg. Quando si beve un caffè, si assorbono circa 40 mg di caffeina e calcolare il numero di molecole è un gioco da ragazzi: se in 206 grammi di caffeina ci sono 6,02214076×1023 molecole, quante ce ne sono in 40 mg? Il calcolo da fare è (40mg/206mg)×6,02214076×1023, dal quale si ricava che il numero di molecole di caffeina in un caffè è di circa 1,17×1020 molecole. E ora godiamoci un buon caffè.

Flavio Marchetto

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, sezione di Torino

Dal nostro catalogo: Breve storia dell’infinitamente piccolo, volume 1 e volume 2

 

 

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