Il giorno 23 marzo 2023 si è tenuto, presso l’Accademia Nazionale dei Lincei, un interessante convegno dal titolo “L’insegnamento della matematica: criticità, nuove sfide, idee”.
Il convegno è stato aperto dal Ministro dell’Istruzione e del Merito il quale ha toccato alcuni dei temi principali attorno ai quali si è sviluppata la discussione della giornata. Tra questi, il Ministro ha posto l’accento sui risultati non troppo incoraggianti dei programmi di valutazione nazionali e internazionali delle conoscenze e competenze matematiche degli studenti delle nostre scuole.
Durante il dibattito, che si è sviluppato attraverso alcune tavole rotonde, sono intervenuti vari esperti cercando di spiegare alcuni dei motivi per cui la matematica presenta delle criticità. In sostanza, come e perché nasce l’avversione per la matematica? Alcuni esperti di didattica della matematica hanno puntato il dito contro un modo sbagliato da parte di alcuni docenti di insegnare la matematica. Secondo questi esperti vi sono due facce opposte della matematica. La matematica concettuale e la matematica procedurale. La prima punta sui concetti, sul ragionamento, sull’affrontare e risolvere i problemi in modo originale e razionale, insomma sui processi che sottendono l’operare matematico. I problemi non vanno risolti applicando regolette mnemoniche, ma esplorando, congetturando, provando a dimostrare e a costruire con le proprie mani la soluzione.
La matematica procedurale si ferma invece alle regole, da imparare spesso in modo meramente mnemonico, sulla iterazione spesso spasmodica di esercizi ripetitivi, in definitiva sul prodotto dell’operare matematico piuttosto che sul processo mentale che porta a tale prodotto. Naturalmente il primo approccio è quello giusto, il secondo è quello errato, e induce nell’allievo noia, frustrazione e disinteresse.
La cosa tuttavia che mi ha lasciato perplesso è che nel corso del convegno del 23 marzo non una voce si sia levata per parlare di contenuti, ossia non solo del modo in cui si insegna la matematica nelle nostre scuole e del suo valore, ma di quale matematica si insegna. Da vari anni ormai non esistono più programmi scolastici, ma l’insegnamento è regolato da indicazioni nazionali e linee guida ministeriali. Se uno guarda comparativamente le indicazioni nazionali per la matematica e quelle per la fisica per i licei scientifici si accorge subito di una sostanziale differenza di approccio. Le indicazioni per la fisica puntano alla realizzazione di un programma che, almeno alla fine del percorso liceale, porti l’alunno ad avvicinarsi alla fisica del XX secolo, quindi a concetti moderni, affascinanti e tecnicamente difficili. Per contro le indicazioni per la matematica sono estremamente conservative. In sostanza la matematica che si propone ai nostri liceali non è più recente di due secoli fa: la matematica di metà e fine ‘800, per non parlare di quella del XX secolo, non viene neanche sfiorata. A riprova di ciò si noti che tra i nomi di matematici che vengono menzionati ai nostri giovani possiamo annoverare Talete, Euclide, Pitagora, Cavalieri, Newton, Bayes, forse Poisson. Nessuno che superi la metà del XIX secolo. Uno studente che esca da un nostro liceo non ha mai sentito parlare, neanche per sbaglio, di un matematico del XX secolo.
Il risultato è che il comune sentire è che la matematica sia come una cisti in un corpo sano, estranea alla vita dell’organismo intero, invece che come un organo vitale e in stretta relazione con tutto il corpo. Che sia una scienza antiquata, che non ha presente né futuro, in cui tutto è stato già scoperto da molto tempo. I matematici sarebbero allora depositari di un sapere antico e stantio che viene applicato in maniera ripetitiva quando serve, ma il cui lavoro non ha alcun fascino e nessuna attrattiva per una mente giovane e audace. A riprova di ciò, porto una mia esperienza personale. Non poche volte mi è capitato che qualcuno mi chiedesse: ma che avete da fare voi matematici, visto che tutto in matematica è stato già scoperto da molto tempo?
Mi faccio dunque questa domanda. Non sarà che la matematica che noi proponiamo nelle scuole è troppo datata, troppo antica, e come tale non suscita quell’interesse e non ha quel fascino che argomenti più attuali potrebbero avere?
Mi permetto in questo articolo di fare delle modeste proposte, a puro titolo esemplificativo e certo senza nessuna pretesa di completezza, di alcuni argomenti di cui mi piacerebbe che si potesse parlare nelle aule scolastiche, in maniera sperimentale, laboratoriale, interdisciplinare. Tra questi, equazioni diofantee, crittografia, strutture algebriche, grafi, elementi basilari di topologia algebrica, l’infinito.
Accanto a ciò, vi sono alcune proposte su argomenti obsoleti che si possono sfoltire. Per esempio niente dispersioni in tecnicismi ripetitivi o casistiche sterili, niente eccessivi tecnicismi manipolatori. In particolare non è necessario soffermarsi sulla effettuazione di inutili e sfibranti esercizi ripetitivi. Insomma più matematica concettuale e meno, molto meno, matematica procedurale.
Infine l’articolo contiene alcune proposte per un cambio di paradigma totale, una vera e propria rivoluzione nei contenuti dell’insegnamento liceale e, in sostanza, nel modo stesso in cui ci poniamo di fronte alla scuola. Queste proposte riguardano i libri di testo, la formazione iniziale e in servizio dei docenti, l’esame di stato.
Ciro Ciliberto
Sintesi di Ciro Cilberto, E se parlassimo di contenuti? Nuova lettera Matematica n.2 Nuova Serie pp. 26-41
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