Il medico ungherese che salvò madri e figli
Autore: Piero Borzini
Semmelweis è giustamente passato alla storia con le stigmate dell’eroe per il suo enorme contributo alla medicina, quasi un santo che ha combattuto fino all’estremo sacrificio contro gli ottusi poteri contrari ad accogliere le sue tesi e le sue pur efficacissime misure profilattiche. Tuttavia c’è di più. Come altri eroi della scienza, Semmelweis lo è diventato suo malgrado. Si è trovato in una frattura della storia: quei momenti di passaggio tra un’epoca e l’altra, in cui le vecchie idee si scontrano con le nuove; in cui la grande storia (quelle degli imperi e delle nazioni) si intreccia con le piccole storie delle persone; dove i vecchi paradigmi scientifici, politici, e ideologici traballano sotto la spinta dei nuovi paradigmi e delle nuove ideologie. È lì in mezzo che Semmelweis venne a trovarsi: a metà del guado e tra i due fuochi, tra la vecchia medicina galenica e ippocratica e la nuova medicina scientifica, che la incalzava da presso. Semmelweis si schierò decisamente per il nuovo e il suo operato (a saperlo guardare) fu la dimostrazione chiara ed evidente dei meravigliosi frutti che la medicina clinica poteva ottenere abbracciando la nuova metodologia scientifica. Ma l’ambiente non fu propizio, e i tempi prematuri. Le sue idee furono rifiutate; lui stesso fu rifiutato come persona. D’altra parte, anch’egli – incapace di condurre relazioni umane serene – commise indicibili errori (nei toni e nell’approccio scientifico) che vanificarono ogni suo sforzo e per i quali pagò duramente. Ma chi pagò di più furono le migliaia di donne che, a un passo dalla possibile salvezza, furono respinte indietro dall’incomprensione e dallo scontro tra un nuovo che avanzava troppo in fretta e un vecchio che non sapeva adeguarsi.
Colonna sonora
All’inizio di ogni capitolo del libro un brano evocativo invita a immergersi in un’atmosfera consona al testo. Qui trovate una selezioni di esecuzioni liberamente ascoltabili consigliate dell’autore.
- Due porte che incutevano terrore. Jacques Offenbach, Les Larmes de Jacqueline, Op.76 n° 2
- In Ungheria sotto gli Asburgo. Pau Casals, Song of the Birds
- Un giovane troppo sensibile. Antonín Dvořák, Concerto in Si minore Op. 104 per violoncello e orchestra
- Dalla teoria del diritto alla pratica della medicina. Joseph Haydn, Concerto in Re maggiore per violoncello e orchestra n° 2. Primo movimento
- Metodo, concretezza, eccellenza. Sergei Prokofiev, Romeo e Giulietta, Op. 64. Danza dei Cavalieri
- Uno scontro tra paradigmi incommensurabili. Gustav Mahler, Sinfonia n° 5. Adagietto
- Orrore, angoscia e senso di impotenza. Edward Elgar, Concerto per violoncello e orchestra in Mi minore Op. 85
- Un puro fatto statistico. Gabriel Fauré, Elegia per violoncello e orchestra Op. 24
- Misteriose inspiegabili cause. Dmitrij Shostakovich, Concerto per violoncello e orchestra in Mi bemolle maggiore n° 1, Op. 107. Primo movimento, allegretto
- Il mostro e il nuovo metodo di caccia. Richard Wagner, Tannhäuser. Overture
- «Deodorate le mani, lì sta tutto il problema!». Alessandro Marcello, Concerto per oboe in re minore. Adagio
- Acqua clorata e mani martoriate. Giuseppe Verdi, La forza del destino. Overture
- Un ingenuo tra due fuochi. Sergei Prokofiev, Alexander Nevsky. Terzo movimento, I Crociati a Pskov
- E tutt’intorno la Primavera dei Popoli. Sergei Prokofiev, Alexander Nevsky. Primo movimento, La Russia sotto il giogo mongolo
- La disfatta del narcisismo e l’autodistruzione. Sergei Prokofiev, Alexander Nevsky. Quinto movimento, Battaglia sul lago ghiacciato
- Ritorno a Pest e l’esilio in patria. Béla Bartók, Dance Suite per orchestra
- La quiete prima della tempesta e l’inevitabile epilogo. Gabriel Fauré, Requiem, Op. 48. Ottavo movimento, In Paradisum
- Postilla epistemologica. L’iconografia dello scienziato. Edward Elgar, Enigma variations, Op. 36. IX, Nimrod