La scienza espressa

La scala musicale: una storia matematica

di Paolo Dall'Aglio12 Agosto 2024 la scienza espressa, matematica, musica, storia della matematica

Una delle più note scoperte attribuite a Pitagora (Pitagora è probabilmente un personaggio più leggendario che reale e scoperte e teorie andrebbero riferite alla sua scuola, ma per semplicità facciamo riferimento a lui) riguarda il fatto che suoni consonanti sono collegati a rapporti semplici fra numeri naturali: pizzicando una corda tesa si ottiene una certa nota. Pizzicando la stessa corda tenuta ferma nel suo punto medio si ottiene una nota perfettamente consonante con la prima, anzi il secondo suono sembra essere lo stesso ma più acuto. Anche pizzicando la corda a 2/3 o a 3/4 si ottengono suoni consonanti.

Oggi sappiamo che i suoni dipendono dalle frequenze di vibrazione: più la frequenza è alta più il suono è acuto. Se chiamiamo Do la nota emessa dalla corda intera, la nota emessa dalla mezza corda avrà frequenza doppia e verrà chiamata con lo stesso nome, con un apice per distinguerla: Do’. L’intervallo tra i due Do prende il nome di ottava (i greci chiamavano quest’intervallo diapasòn, e i nomi delle note risalgono in realtà all’XI secolo, ma per comodità userò sempre i nomi moderni, sia per le note che per gli intervalli). Il rapporto tra le frequenze è l’inverso del rapporto tra le lunghezze delle corde. Il suono che ha frequenza 3/2 di quella del Do è un Sol e l’intervallo è una quinta, mentre il suono che ha frequenza 4/3 è un Fa e l’intervallo una quarta. Questa scoperta influenzò enormemente non solo il pensiero pitagorico – portando alla convinzione che i numeri (naturali) e i loro rapporti fossero alla base di tutta la realtà – ma anche gli sviluppi successivi della musica e della matematica greche. In fondo questa è la prima di quelle strabilianti connessioni tra matematica e scienze a cui Wigner, nel 1959, si riferirà con l’espressione “irragionevole efficacia”.

Osserviamo un fatto: quelle che nel parlare vengono descritte come distanze, differenze o somme, sono in realtà rapporti, quozienti e prodotti: ad esempio, un’ottava è formata da una quinta e da una quarta infatti 3/2 x 4/3 = 2. Inoltre la “distanza” fra il Sol e il Fa si ottiene con la divisione 3/2 : 4/3 = 9/8. La frequenza del Sol è i 9/8 di quella del Fa e l’intervallo tra Fa e Sol viene chiamato tono. Naturalmente non si può fare musica con soli tre suoni (e le loro ripetizioni nelle scale superiori) per cui si presentò l’esigenza di aggiungere delle note tra il Do e il Fa e tra il Sol e il Do’ (anche quello è un intervallo di quarta, infatti 2 : 3/2 = 4/3). Aggiungendo una sola nota in ciascun intervallo si ottiene una scala pentafonica, mentre aggiungendone due si ottiene una scala eptafonica. I greci usavano molte scale diverse, ma quella che ebbe vita più lunga era prodotta inserendo due toni dopo il Do e altri due dopo il Sol. I primi due toni (Re e Mi) occupano uno spazio di 9/8 x 9/8 = 81/64 e quindi quello che avanza tra Mi e Fa è 4/3 : 81/64 = 256/243, un intervallo più piccolo che viene chiamato semitono, anche se non è proprio metà di un tono (ovvero la radice quadrata di 9/8). La stessa suddivisione si può fare tra Sol e Do’, inserendo La e Si. È questa la scala pitagorica.

Platone fece sue queste teorie e scienziati e filosofi tentarono di ritrovare gli stessi rapporti nel sistema del mondo a partire dai moti dei pianeti. Questa teoria armonica dominò per tutto il medioevo, grazie soprattutto a Boezio (V secolo d.C.) che, traducendo le opere del greco Nicomaco di Gerasa (II secolo d.C.), pose la musica nel quadrivio insieme a Aritmetica, Geometria e Astronomia.

Tutto perfetto? No. Purtroppo già i pitagorici si accorsero che la non perfetta corrispondenza tra un tono e due semitoni rendeva l’ottava leggermente diversa da sei toni e 12 quinte diverse da 7 ottave. Queste discrepanze (già studiate da Euclide nella Sectio canonis) vennero al pettine alla fine del Medioevo quando emersero altre difficoltà. Con la diffusione della musica polifonica si iniziarono a utilizzare più intervalli e soprattutto il nuovo pensiero prerinascimentale tendeva a privilegiare le esigenze della vocalità rispetto alla teoria numerica astratta.

Purtroppo gli intervalli di terza maggiore (per esempio Do-Mi) e di terza minore (per esempio Mi-Sol) corrispondono rispettivamente ai rapporti di 9/8 x 9/8 = 81/64 e di 9/8 x 256/243 = 32/27 che non risultano del tutto gradevoli (la teoria della consonanza sviluppata da Hermann von Helmholtz nel 1863 dà conto del perché più i rapporti tra le frequenze sono espressi da numeri piccoli più i suoni risultano consonanti). Gioseffo Zarlino, un teorico musicale del XVI secolo, propose di alterare leggermente due toni ottenendo quella che divenne nota come scala naturale:

In questo modo è vero che i toni non sono più tutti uguali, ma gli intervalli di terza maggiore e di terza minore hanno rapporto rispettivamente di 9/8 x 10/9 = 5/4 e di 16/15 x 9/8 = 6/5, risultando molto più consonanti. La scala naturale ha anche l’affascinante proprietà che i rapporti consonanti sono dati da tutti i rapporti ottenibili con i numeri da 1 a 6, dove 6 è un numero perfetto: 2/1, 3/2, 4/3, 5/4 e 6/5. Purtroppo il problema della non coincidenza tre le dodici quinte e le sette ottave rimaneva, anzi: è impossibile che un qualsiasi numero di quinte arrivi a coincidere con un qualsiasi numero di ottave perché nessuna potenza di 3/2 può essere uguale a una potenza di 2. Per risolvere questo problema diventava necessario alterare leggermente l’ampiezza delle quinte e questa alterazione prende il nome di temperamento. Furono proposti molti modi diversi di “temperare” la scala, ma nel frattempo emerse un problema nuovo, legato allo sviluppo degli strumenti ad accordatura fissa, in particolare a tastiera, come il clavicembalo e successivamente il pianoforte: quello del cambio di tonalità.

Si vuole produrre la stessa sequenza di intervalli partendo da una nota diversa dal Do: per esempio partendo dal Re con un tono si arriva al Mi e con un altro tono si arriva al… serve una nota che si trovi un semitono sopra il Fa, e viene chiamato Fa diesis, Fa#. Analogamente diventa necessario aggiungere in ogni tono una nota intermedia (sono i tasti neri del pianoforte). Purtroppo nella scala naturale questo non basta perché i toni non sono tutti uguali e perché le note intermedie sono due: per esempio alzando il Re di un semitono si ottiene il Re# che è  9/8 x 16/15 = 1,2 sopra il Do. Invece abbassando di un semitono il Mi si ottiene il Mi bemolle, Mi♭, che è 9/8 x 9/8 : 16/15 = 1,17.

Non è possibile, in questa sintesi, accennare ai vari tentativi di temperare la scala, ed è meglio arrivare direttamente alla conclusione. Inserendo un solo suono intermedio in ogni tono (in modo che Re# e Mi♭ coincidano) l’ottava va divisa in dodici semitoni. Affinché tutti abbiano la stessa ampiezza ognuno sarà di 12√2;. Questa nuova scala prende il nome di temperamento equabile.

È facile immaginare quanto l’introduzione di rapporti irrazionali sarebbe stata invisa a Pitagora, ma anche a Zarlino e a tutti quelli che avevano a cuore un sistema armonico numericamente semplice ed elegante, con le sue implicazioni filosofiche e metafisiche. Ma alla lunga – in pieno spirito scientifico e illuminista – le esigenze pratiche prevalsero, anche se le consonanze delle quarte e delle quinte non erano più perfette. Non sappiamo per quale temperamento J.S. Bach compose il Clavicembalo ben temperato, ma il nuovo rivoluzionario strumento, il pianoforte, poteva essere accordato solo col temperamento equabile, che dalla metà del ‘700 non ebbe più rivali in tutta la musica occidentale.

Paolo Dall’Aglio

Isis Solari, Tolmezzo e Mathesis Udine

Per saperne di più

  1. Bellissima, La scala musicale: una storia tra matematica e filosofia, Carocci 2022.
  2. Isacoff, Temperamento. Storia di un enigma musicale, EDT 2005.

Dal nostro catalogo: Il mistero del suono senza numero

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