La scienza espressa

Chi è stato il primo che ha avuto l’idea di oggetti frattali con dimensione non intera? Se avete risposto Mandelbrot è sbagliato. Chi ha avuto l’idea di fare le previsioni meteo come vengono fatte oggi? Lo scienziato che ha dato questi contributi, e non solo, è Lewis Fry Richardson (1881-1953) che, benché ingiustamente poco conosciuto, ha avuto un ruolo fondamentale (spesso postumo) nella scienza del XX secolo. Un aspetto non marginale nella vita di Richardson (LFR) è stata la sua coerente attività di pacifista: ancora oggi la sua figura è tra le più influenti e rispettate nel mondo del pacifismo internazionale. Il grande esperto di fluidodinamica G.I. Taylor scrisse di lui ragionava raramente negli stessi termini dei suoi contemporanei, i quali spesso non lo comprendevano. Nonostante il suo nome sia legato ad importanti ricerche dalla meteorologia all’analisi numerica è un personaggio poco noto anche tra i fisici e i matematici; ecco un elenco non completo dei sui contributi:

  • l’introduzione della dimensione frattale, sua è la famosa domanda Quanto è lunga la costa della Gran Bretagna?;
  • il meccanismo della cascata di energia in turbolenza e l’autosimilarità;
  • diffusione non gaussiana in turbolenza;
  • l’idea di usare un approccio matematica alle previsioni meteo;
  • anticipazione del calcolo parallelo;
  • il primo tentativo di usare modelli matematici per la psicologia delle guerre.

Ultimo di sette figli di una famiglia quacchera inglese, nel 1898 entrò al Durham College of Science e poi al King’s College di Cambridge, ebbe un’educazione molto variegata: studiò fisica, matematica, chimica, meteorologia, botanica e psicologia. Decise che avrebbe dovuto occuparsi di diverse discipline, come il grande scienziato tedesco Helmholtz che era stato medico e poi fisico, ma in ordine inverso, ecco come si espresse: pensai che mi sarebbe piaciuto passare la prima metà della vita sotto la stretta disciplina della fisica, per applicare in seguito questa formazione allo studio delle cose vive.

Uno dei suoi primi impieghi fu presso il Servizio Meteorologico; durante la prima guerra mondiale il Servizio venne assorbito dal Ministero dell’Aeronautica Militare e LFR, quacchero pacifista ed obiettore di coscienza, perse il posto. Tuttavia partecipò ugualmente (ma disarmato) alle operazioni belliche, nell’unità di soccorso Friends Ambulance Unit, sul fronte francese, a quanto pare era un mediocre guidatore ma ottimo meccanico ed elettricista. Proprio durante la guerra Richardson concepì la sua grande idea visionaria per le previsioni meteorologiche, convinto che si potesse fare appello alle leggi fisiche e alle informazioni a disposizione, propose di utilizzare le equazioni fondamentali della dinamica dei fluidi e della termodinamica per determinare lo stato futuro dell’atmosfera. All’epoca la procedura proposta da LFR non era praticabile per la mancanza di adeguati mezzi di calcolo; nonostante questo Richardson fu in grado di impostare il problema nel modo corretto e mise anche a punto algoritmi numerici (usati ancora oggi) per l’integrazione di equazioni differenziali. Il manoscritto del libro che scrisse tra un turno e l’altro al fronte, Weather Prediction by Numerical Process, andò perduto durante la battaglia della Champagne nell’aprile del 1917, venne ritrovato fortunosamente (e fortunatamente per il progresso della meteorologia) mesi dopo sotto un mucchio di carbone.

Dopo la guerra tornò a fare il meteorologo, ma per il suo coerente pacifismo si licenziò dopo poco tempo. Pur ben noto e riconosciuto a livello internazionale, ad esempio venne eletto socio della Royal Society, non ebbe mai una cattedra universitaria e, senza polemiche, insegnò in college di provincia. Il grande meteorologo norvegese V. Bjerknes, ed altri eminenti scienziati, espressero la loro sorpresa che uno studioso del livello di LFR non avesse una posizione più prestigiosa. Nel 1928 Richardson conseguì un dottorato in psicologia, e nel 1939, grazie ad una piccola eredità, decise di andare in pensione anticipatamente per dedicarsi ai suoi studi di psicologia matematica: fu tra i primi a tentare uno studio dei conflitti in termini matematici. Morì nel sonno il 30 settembre 1953, l’anno seguente la BBC avrebbe trasmesso il primo programma televisivo di previsioni meteo.

Tra i molti contributi di Richardson c’è lo studio della diffusione turbolenta: LFR mostrò che la distanza tra coppie di particelle trasportate dal campo di velocità (ad esempio, il vento) è una variabile non gaussiana con grandi escursioni rispetto al valore medio. Questo problema è fondamentale in molte applicazioni, ad esempio per la dispersione di una macchia di inquinante in mare oppure di una nuvola di fumo in atmosfera. Il lavoro di LFR sulla diffusione relativa rappresenta l’inizio dell’importante filone di ricerca della diffusione anomale, che ora vede impegnati numerosi scienziati attivi in fisica, chimica e biologia.

Da pacifista coerente, Richardson rifiutò di far utilizzare le sue ricerche sulla diffusione per scopi bellici e per diversi anni abbandonò lo studio della turbolenza; sembra che distrusse alcuni suoi lavori non ancora pubblicati per evitare che potessero essere usati dai militari.

Nei suoi studi di fluidodinamica, Richardson si rese conto che non sempre i fenomeni naturali possono essere descritti da funzioni regolari. Ad esempio osservò che in turbolenza, invece dello scenario tipico, cioè piccole variazioni intorno al valor medio e qualche rara fluttuazione mai particolarmente grande (diciamo dell’ordine dello scarto quadratico), si hanno lunghi intervalli di quiescenza in cui il segnale ha un andamento regolare ed è vicino al suo valore medio, interrotti da brevi comportamenti irregolari con fluttuazioni enormi. Da queste osservazioni, si pose seriamente la domanda (a prima vista assurda) se il vento avesse una velocità.

A partire da pochi dati empirici, LFR intuì la struttura autosimilare della turbolenza, ecco come riassunse la sua intuizione in una poesia (ispirata ad una parodia di Swift):

Grandi vortici generano piccoli vortici
che alimentano con la loro velocità;
ed i piccoli vortici generano vortici ancora più piccoli
e così via fino alla viscosità (in senso molecolare).

La formalizzazione matematica di questa idea si deve a Kolmogorov che nel 1941 mostrò come, nel cosiddetto intervallo inerziale, il campo di velocità sia molto “rugoso”, ben diverso dalle usuali funzioni a cui siamo abituati: la differenza di velocità \( \delta v (l)\) tra due punti distanti \( l \) non è proporzionale a \( l \); al contrario si ha un comportamento non analitico \( \delta v (l) \sim l^{1/3}\) con gradienti di velocità enormi (infiniti nel limite di numeri di Reynolds infiniti).

Prima di Richardson per le previsioni dell’evoluzione dei fronti, si utilizzava un metodo semiempirico basato su un’idea che nasce dall’osservazione della regolarità di molti fenomeni. Sostanzialmente si cercava nel passato un analogo, cioè una situazione “vicina” a quella di oggi, ad esempio se la si trovasse al 25 gennaio del 1923, allora è sensato assumere che domani il sistema sarà “vicino” al giorno 26 gennaio 1923. Sembrerebbe tutto facile, però non è ovvio che si riesca a trovare un analogo. Richardson capì che non c’è nessun motivo particolare per credere che sia possibile trovare un analogo: perché aspettarsi che nel catalogo meteo della storia passata si trovi una mappa simile a quella odierna?

Nel suo libro Richardson propose di usare le equazioni che regolano l’evoluzione dell’atmosfera: partendo da una data condizione iniziale, il tempo oggi, integrando numericamente le equazioni si può determinare lo stato futuro, cioè il tempo domani o tra una settimana. Il suo approccio ora sembra ovvio, infatti è proprio quello attualmente usato per fare le previsioni meteo nei grandi centri nazionali e internazionali dotati di supercomputer e che possono usare le rivelazioni da satellite. Sappiamo che l’atmosfera evolve in accordo con le equazioni dell’idrodinamica per i campi di velocità, densità, pressione, percentuale di acqua e temperatura, e le leggi della termodinamica che specificano la relazione (equazione di stato) tra la temperatura, la pressione e le altre variabili. Quindi dalla conoscenza dello stato presente dell’atmosfera, e risolvendo delle complicate equazioni (alle derivate parziali) si può (almeno in linea di principio) effettuare una previsione del tempo. Ovviamente le equazioni in questione non possono essere risolte con carta e penna, un approccio numerico è l’unica possibilità.

Il lavoro numerico di Richardson fu lungo, laborioso e faticoso: si stima che, durante la guerra, ritagliando tempo ai suoi impegni di autista e meccanico nell’unità delle ambulanze, nell’arco di due anni abbia lavorato almeno mille ore facendo calcoli a mano e con l’unico ausilio di qualche rudimentale macchina calcolatrice. Uno sforzo eroico che però produsse un risultato molto deludente: le previsioni a sei ore erano completamente in disaccordo con l’osservazione. Ma Richardson non si perse d’animo e rimase convinto che il suo approccio, prima o poi, avrebbe sostituito i vecchi metodi della scuola norvegese; correttamente comprese che lo schema è complicato perché l’atmosfera è complicata, e nelle conclusioni fu moderatamente ottimista forse un giorno in futuro sarà possibile fare le previsioni più velocemente… Nel suo progetto visionario ebbe l’ idea di utilizzare tanti calcolatori in parallelo, immaginava di dividere la superficie della Terra in 3200 celle, le osservazioni di ogni cella sarebbero state trasmesse ad un sala con 64000 persone intente a fare calcoli, ognuna su una singola cella, contemporaneamente:

Immaginiamo una sala grande quanto un teatro…. una miriade di calcolatori che lavorano sulle condizioni meteorologiche del paese della carta in cui ognuno si trova, ma ciascuno si occupa solo di un’equazione o di una parte di un’equazione. Il lavoro di ogni regione è coordinato da un funzionario di rango superiore.

La proposta anticipava i moderni calcolatori paralleli che vennero introdotti solo molto tempo dopo; notare che, fino agli anni 50 del XX secolo, con il termine “calcolatore” si indicava la persona (spesso donna) che faceva i calcoli a mano e con l’aiuto di rudimentali calcolatrice.

La visione del calcolo parallelo di Richardson riprodotta artisticamente da Stephen Conlin, con la consulenza di John Byrne del Trinity College Dublin.

L’idea di fondo di Richardson per le previsioni meteorologiche era giusta, ma c’era un grosso problema tecnico: le equazioni proposte sono troppo accurate e questo, paradossalmente, aveva delle conseguenze negative. C’erano inoltre difficoltà pratiche che a quei tempi erano di fatto insuperabile. Per l’attuazione del progetto fu necessario l’introduzione di ulteriori “ingredienti”, che ai tempi Richardson non erano disponibili.

Nel trattamento numerico di equazioni alle derivate parziali è necessario introdurre una discretizzazione dello spazio con una griglia con maglie di misura \( \Delta x\), e del tempo (con un passo di integrazione \( \Delta t\)), per avere una buona approssimazione \( \Delta t\) e \( \Delta x\) devono soddisfare dei vincoli che dipendono dall’equazione e, in genere, anche dalle condizioni iniziali. Nell’impostazione originaria di Richardson il risultato negativo (necessità di usare un \( \Delta t\) molto piccolo) ha una precisa origine fisica: è dovuta la presenza nell’atmosfera di fenomeni, come onde sonore e onde di gravità, i cui tempi caratteristici sono molto brevi. Quindi utilizzare direttamente le equazioni della fluidodinamica e della termodinamica non è affatto una buona idea. Per sperare di avere un progresso significativo è assolutamente necessario capire quali aspetti del problema debbano essere considerati e come tener conto di quelli trascurati. I problemi incontrati da Richardson vennero risolti, almeno nei loro aspetti fondamentali, negli anni 40-50 del XX secolo, da von Neumann, Charney ed i loro colleghi del Meteorological Project presso l’Institute of Advanced Study di Princeton. Con questo progetto ha inizio la realizzazione del sogno visionario di Richardson che aveva avuto il “torto” (nelle parole di Charney) di aver cercato di fare troppo e troppo presto. Con il Meteorological Project per la prima volta fu possibile avere delle previsioni meteo accettabili; in pochi anni si arrivò a fare previsioni a 24 ore in qualche minuto. Per la realizzazione del sogno di LFR fu necessario l’introduzione di:

  1. di equazioni efficaci;
  2. algoritmi numerici veloci;
  3. computer per poter effettuare calcoli numerici in tempi accettabili.

Fortunatamente Richardson intravvide la realizzazione del suo progetto visionario: in una lettera a Charney, che gli aveva inviato i suoi lavori, scrisse permettimi di congratularmi con te e i tuoi collaboratori per i notevoli progressi ottenuti a Princeton; e la prospettiva di ulteriori miglioramenti per stabilire una scienza della meteorologia, con lo scopo di predire lo stato futuro dell’atmosfera dal suo stato presente.

Angelo Vulpiani
Dipartimento di Fisica, Università, Sapienza di Roma

Qualche lettura per approfondire

  • O. M. Ashford, Prophet or Professor? The Life and Work of Lewis Fry Richardson (Adam Hilger, Bristol, 1985).
  • F. Cecconi, M.Cencini, M.Falcioni e A. Vulpiani, “The prediction of future from the past: an old problem from a modern perspective” American Journal of Physics 80, 1001 (2012).
  • L. Gammaitoni, A. Vulpiani, Perché è difficile prevedere il futuro (Dedalo, 2019).
  • N. P. Gleditsch (Editor), Lewis Fry Richardson: His Intellectual Legacy and Influence in the Social Sciences (Springer, 2020).
  • J.C.R. Hunt, “Lewis Fry Richardson and his contributions to mathematics, meteorology, and models of conflict” Annu. Rev. Fluid Mech. 30, 13 (1998).
  • P. Lynch, The Emergence of Numerical Weather Prediction: Richardson’s Dream (Cambridge University Press, 2006).
  • L. F. Richardson, Weather Prediction by Numerical Methods (Cambridge University Press, 1922).
  • A. Vulpiani, “Lewis Fry Richardson: scienziato visionario e pacifista” Lettera Matematica 90, 23 (2014).
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